sabato 21 aprile 2012

Signore Gesù, facci comprendere le Scritture!


"Mentre si fa vedere presente nel corpo ai suoi, Cristo li conferma anche sulla verità della Sacra Scrittura! Ed è Lui che ancora oggi apre a noi le Scritture della vita, Lui che è morto per noi".
S. Agostino, Discorso 229/I, 1



L’evento pasquale continua a stupire chi cerca la fede in Gesù risorto: un corpo trasformato in una nuova condizione fisica a noi impensabile e irrealizzabile, che si può vedere, toccare, che si nutre, ma nel medesimo tempo che scompare alla vista e passa attraverso le porte chiuse. Insomma tutto questo rappresenta per noi la speranza della nostra trasfigurazione, ritornare ad essere nel regno dei cieli come l’Adamo della prima ora, ricreati per risorgere con Cristo.
Buona Pasqua di fede e risurrezione. pb. Vito Valente.


   

III DOMENICA DI PASQUAAnno B



La celebrazione dell'Eucaristia
Dalla «Prima Apologia e favore dei cristiani» di san Giustino, martire
(Cap. 66-67; PG 6, 427-431)
A nessun altro è lecito partecipare all'Eucaristia, se non a colui che crede essere vere le cose che insegniamo, e che sia stato purificato da quel lavacro istituito per la remissione dei peccati e la rigenerazione, e poi viva così come Cristo ha insegnato.
Noi infatti crediamo che Gesù Cristo, nostro Salvatore, si è fatto uomo per l'intervento del Verbo di Dio. Si è fatto uomo di carne e sangue per la nostra salvezza. Così crediamo pure che quel cibo sul quale sono state rese grazie con le stesse parole pronunciate da lui, quel cibo che, trasformato, alimenta i nostri corpi e il nostro sangue, è la carne e il sangue di Gesù fatto uomo.
Gli apostoli nelle memorie da loro lasciate e chiamate vangeli, ci hanno tramandato che Gesù ha comandato così: Preso il pane e rese grazie, egli disse: «Fate questo in memoria di me. Questo è il mio corpo». E allo stesso modo, preso il calice e rese grazie, disse: «Questo è il mio sangue» e lo diede solamente a loro.
Da allora noi facciamo sempre memoria di questo fatto nelle nostre assemblee e chi di noi ha qualcosa, soccorre tutti quelli che sono nel bisogno, e stiamo sempre insieme. Per tutto ciò di cui ci nutriamo benediciamo il creatore dell'universo per mezzo del suo Figlio Gesù e dello Spirito Santo.
E nel giorno, detto del Sole, si fa' l'adunanza. Tutti coloro che abitano in città o in campagna convengono nello stesso luogo, e si leggono le memorie degli apostoli o gli scritti dei profeti per quanto il tempo lo permette.
Poi, quando il lettore ha finito, colui che presiede rivolge parole di ammonimento e di esortazione che incitano a imitare gesta così belle.
Quindi tutti insieme ci alziamo ed eleviamo preghiere e, finito di pregare, viene recato pane, vino e acqua. Allora colui che presiede formula la preghiera di lode e di ringraziamento con tutto il fervore e il popolo acclama: Amen! Infine a ciascuno dei presenti si distribuiscono e si partecipano gli elementi sui quali furono rese grazie, mentre i medesimi sono mandati agli assenti per mano dei diaconi.
Alla fine coloro che hanno in abbondanza e lo vogliono, danno a loro piacimento quanto credono. Ciò che viene raccolto, è deposto presso colui che presiede ed egli soccorre gli orfani e le vedove e coloro che per malattia o per altra ragione sono nel bisogno, quindi anche coloro che sono in carcere e i pellegrini che arrivano da fuori. In una parola, si prende cura di tutti i bisognosi.
Ci raduniamo tutti insieme nel giorno del Sole, sia perché questo è il primo giorno in cui Dio, volgendo in fuga le tenebre e il caos, creò il mondo, sia perché Gesù Cristo nostro Salvatore risuscitò dai morti nel medesimo giorno. Lo crocifissero infatti nel giorno precedente quello di Saturno e l'indomani di quel medesimo giorno, cioè nel giorno del Sole, essendo apparso ai suoi apostoli e ai discepoli, insegnò quelle cose che vi abbiamo trasmesso perché le prendiate in seria considerazione.
  
MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 65,1-2
Acclamate al Signore da tutta la terra,
cantate un inno al suo nome,
rendetegli gloria, elevate la lode. Alleluia.

Colletta
Esulti sempre il tuo popolo, o Padre, per la rinnovata giovinezza dello spirito, e come oggi si allieta per il dono della dignità filiale, così pregusti nella speranza il giorno glorioso della risurrezione. Per il nostro Signore...

Oppure:
O Padre, che nella gloriosa morte del tuo Figlio, vittima di espiazione per i nostri peccati, hai posto il fondamento della riconciliazione e della pace, apri il nostro cuore alla vera conversione e f
a' di noi i testimoni dell'umanità nuova, pacificata nel tuo amore. Per il nostro Signore...

LITURGIA DELLA PAROLA

 
Prima Lettura  At 3, 13-15. 17-19
Avete ucciso l'autore della vita: ma Dio l'ha risuscitato dai morti.

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Pietro disse al popolo: «Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni.
Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. Convertitevi dunque e cambiate vita, perché siano cancellati i vostri peccati».

Salmo Responsoriale   
Dal Salmo 4

Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.

Quando t’invoco, rispondimi, Dio della mia giustizia!
Nell’angoscia mi hai dato sollievo;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

Sappiatelo: il Signore fa prodigi per il suo fedele;
il Signore mi ascolta quando lo invoco.

Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene,
se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto?».

In pace mi corico e subito mi addormento,
perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare.

Seconda Lettura
  1 Gv 2, 1-5

Gesù Cristo è vittima di espiazione per i nostri peccati e per quelli di tutto il mondo. 

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.
Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto.

Canto al Vangelo
  Cf Lc 24,32
Alleluia, alleluia.

Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli.
Alleluia.
   
   
Vangelo  Vangelo  Lc 24, 35-48
Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno.


Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano[agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni». Parola del Signore.

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COMMENTI

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III DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA – B        

In questa terza Domenica del Tempo pasquale, la Chiesa ci accoglie nel Cenacolo per vivere, insieme agli Apostoli, la visita del Signore Risorto. È questa una visita specialissima, inaspettata, capace di dischiuderci qualche “raggio” del Mistero divino e di chiamarci, con rinnovata forza, a conversione.
Ci vengono rivelate oggi, infatti, alcune “caratteristiche” della nuova Presenza del Signore Risorto. Ne enumeriamo tre: il realismo, “l’eccedenza” e la divina pazienza.
Anzitutto la Presenza del Risorto si mostra assolutamente “reale”. Di fronte all’incredulità dei discepoli, Cristo si limita a compiere due semplicissimi gesti. Egli, dapprima, mostra loro le mani e i piedi, invitando a toccarLo. Quale meravigliosa semplicità! Solo nel fatto cristiano, è data una tale immediatezza: un Dio che, standoci davanti, ci invita a toccarLo; un Dio che non pone condizioni all’incontro con Sé, non domanda il compimento di una qualche opera meritoria o di entrare in un qualche speciale “spazio sacro” per entrare in relazione con Lui, ma percorre Egli stesso, per noi, la strada che ci separa, divenendo Lui quello “spazio sacro” nel quale ci è dato di incontrarLo: «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho» (Lc 24,39). In seguito, poiché – narra l’Evangelista – «per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore» (Lc 24,41), Cristo pone un secondo gesto, ancora più “disarmante” ed inequivocabile: si fa porgere del pesce e lo mangia dinanzi a loro.
La Presenza di Cristo è quindi reale: Egli è davvero Presente, non solo spiritualmente, ma corporalmente. Nella dimensione spaziale, una sezione dello spazio è occupata dalla Persona di Gesù, così come il volume occupato dai nostri corpi.
Certo, Egli occupa il nostro spazio “realmente”, ma in un modo nuovo, eccedente. L’“eccedenza” è la seconda caratteristica della Presenza del Risorto. Egli è Presente con il Suo vero Corpo: è quello stesso Corpo che abbiamo adorato crocifisso il Venerdì Santo, ma è nel medesimo tempo un Corpo “trasformato”, che diciamo “glorioso”, cioè totalmente “compenetrato” dall’Eternità di Dio, tanto da poter entrare nel cenacolo a porte chiuse e mangiare come ogni uomo, apparire all’improvviso e farsi toccare, parlare ai discepoli con i quali ha condiviso la propria vita duemila anni fa, ed essere qui, a noi contemporaneo, ed invitando anche noi a condividere questa Vita.
La Presenza di Cristo è quindi reale ed eccedente, cosicché, mentre sta “dinanzi” a noi, può invitarci anche ad “uscire” da noi, ad abbandonare le nostre limitate categorie ed unità di misura, per aprirci allo spazio ben più grande e buono della Sua Vita e Volontà.
Davanti a tale “eccedenza” della Persona di Gesù Cristo, viene messa a nudo, inoltre, l’inconsistenza di quell’atteggiamento che sempre ha costituito una tentazione per l’uomo di ogni tempo – anche per gli Apostoli nel Cenacolo –, ma che nei tempi più recenti, in Occidente, ha ricevuto addirittura una vera e propria “investitura” filosofica: il razionalismo. Quella dottrina, diventata poi atteggiamento diffuso, che attribuisce alla razionalità umana la virtù divina dell’“onnipotenza”, ritenendola cioè capace non più solo di domandare e “accogliere” il significato della realtà, ma addirittura di “inventarlo” ed essere così la misura di tutte le cose, rivela qui tutta la propria inadeguatezza ed inconsistenza. Dio c’è, è vicino e si rende Presente in un modo imprevedibile, con una prossimità per noi inimmaginabile, di fronte alla quale non possiamo che arrenderci e, appunto, convertirci al Suo modo di amarci.
E infine, Cristo Risorto mostra verso gli Apostoli una commovente “pazienza”. Differentemente da noi, infatti, che di fronte ad un solo gesto d’amore non corrisposto, ci ritiriamo dai rapporti con i nostri fratelli uomini, Egli ci ama insistentemente, attendendo che ci arrendiamo allo splendore del Suo Volto.
Ci ottenga la Vergine il dono di questa “resa” del cuore. Lei, che ci ha donato Colui che è la vera “misura” dell’universo, e che già adesso, Assunta in cielo, è partecipe della gloria della Risurrezione, ci orienti al Figlio Suo e ci generi alla Vita vera. Amen.
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Luciano Manicardi
L’apparizione del Risorto ai suoi discepoli (vangelo) è l’evento centrale che caratterizza la terza domenica di Pasqua, domenica in cui l’annuncio pasquale risuona ancora nelle parole del discorso di Pietro tratto dagli Atti (I lettura). La seconda lettura prosegue la lectio semicontinua della Prima lettera di Giovanni che caratterizza le domeniche di Pasqua nell’anno B e presenta il Risorto come colui che ottiene la remissione dei peccati per il mondo intero.
Il vangelo mostra il Risorto che si presenta “in mezzo” ai suoi e fa regnare la pace tra loro (Lc 24,36). Cristo sta in mezzo ai suoi “come colui che serve” (Lc 22,27) e il servizio che il Risorto fa alla sua comunità è la pace. L’esperienza della presenza del Risorto nella comunità è esperienza di pace e di comunione, realtà che nello spazio cristiano non sono psichiche, affettive o frutto di compromessi, ma teologali, connesse alla fede.
Il gruppo degli Undici e degli altri che erano con loro (cf. Lc 24,33), come ogni comunità cristiana reale, unisce confessione di fede (v. 34) e dubbio (v. 38), gioia e incredulità (v. 41). Non basta che Gesù sia visto, ascoltato, toccato e che mangi davanti a loro perché i discepoli giungano alla fede: occorrerà ancora l’apertura della loro mente all’intelligenza delle Scritture. Senza le Scritture non si dà fede pasquale. Non è sufficiente toccare il corpo del Risorto: Cristo deve essere incontrato nel corpo scritturistico e allora nasce la fede pasquale che lo confessa quale realizzatore del disegno di salvezza del Padre. Scrive Ugo di san Vittore: “La parola di Dio rivestita di carne umana è apparsa una sola volta in modo visibile e ora questa medesima Parola viene a noi nascosta nella pagina scritturistica e nella voce umana che la proclama”.

Se le Scritture si sintetizzano nel mistero pasquale e tale mistero è il compimento delle Scritture, in verità anche la missione e la predicazione della chiesa sono vitalmente innestate nella testimonianza delle Scritture, nel Primo Testamento: “Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme” (Lc 24,46-47). Fondata sull’evento pasquale, la chiesa trova nelle Scritture, nell’Antico Testamento, la testimonianza e la profezia di quell’evento e anche del suo stesso essere. “Di questo voi siete testimoni”: di questo e non di altro, si potrebbe aggiungere. Ma essere testimoni del Risorto significa anche essere testimoni delle Scritture. Il termine mártys (testimone) proviene da una radice che significa “pensare”, “ricordarsi”, “essere preoccupato”. Il testimone è anzitutto colui che medita e ricorda la Scrittura che parla di Cristo (“le cose scritte su di me nella Legge…”). Da lì nasce la missione come connotata da richiesta di conversione e annuncio della misericordia di Dio e della remissione dei peccati (cf. Lc 24,47).
Il Risorto mostra ai suoi discepoli le mani e i piedi, gli arti segnati dalla trafittura, la carne umana ferita. L’incarnazione ha dato a Dio l’esperienza della sofferenza, del patire e del morire. E ormai il Risorto va incontrato nella carne dei sofferenti, toccato nei corpi delle vittime del male. Il Cristo non è uno spirito o un fantasma (v. 37) e il cristianesimo non è un’alienazione o uno spiritualismo quando prende sul serio il dolore del mondo, quando confessa il Risorto mentre cura il bisognoso, quando discerne il Risorto mentre tocca la carne piagata e ferita dell’uomo. “Toccatemi”, dice Gesù, e questo toccare la carne umana ferita per confessare il Risorto, questo incontro del mistero del Risorto con l’enigma del male, rende la fede una ricerca umile, a tastoni, esattamente come la ricerca dei pagani, dei non credenti che cercano Dio “andando come a tentoni” (At 17,27). Il paradosso del Dio crocifisso diviene il paradosso del Crocifisso in Dio, del Risorto che ha un corpo piagato e segnato dal male subìto. Corpo che può essere incontrato nei corpi dei sofferenti che sono tra noi. È il sano materialismo cristiano.
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Enzo Bianchi
Il vangelo odierno ci presenta un’ulteriore manifestazione di Gesù risorto ai suoi discepoli, quella narrata nell’ultima pagina del vangelo secondo Luca. Come già vedevamo nel brano giovanneo di domenica scorsa, è sempre il Signore vivente che prende l’iniziativa e sorprende gli undici, mentre essi sono intenti a proclamare che il Risorto è apparso a Simone (cf. Lc 24,34) e ai due discepoli pellegrini sulla via di Emmaus (cf. Lc 24,35).
 Facendosi presente in mezzo ai suoi discepoli, Gesù comunica loro innanzitutto la sua pace – “Pace a voi!” –; egli però conosce i loro cuori e sa bene che in realtà essi non credono alla sua resurrezione: “Stupiti e spaventati essi credevano di vedere uno spirito”. In altre parole, gli undici non credono a una reale presenza di Gesù quale risorto da morte, reale come quando camminava con loro sulle strade della Galilea e della Giudea, ma pensano di essere di fronte all’apparizione dello spirito di Gesù; si ripropone così quanto era avvenuto il giorno in cui Gesù era andato verso i discepoli camminando sulle acque ed essi avevano pensato di trovarsi di fronte a “un fantasma” (Mc 6,49). Davvero non basta una fede generica, anche se entusiasta, in una sopravvivenza di Gesù o in un ritorno del suo spirito dai morti, e l’evangelista ce lo dice con parole che possono apparire paradossali: “Per la grande gioia ancora non credevano”… La fede nel Signore risorto deve invece essere adesione a una presenza viva, una presenza che può essere spiegata e rivelata solo tramite le Sante Scritture e il ricordo delle parole di Gesù (cf. Gv 2,22).
 Gesù interroga poi i discepoli, mettendo in luce con benevolente comprensione i loro dubbi, e nel contempo mostra loro i segni del suo corpo glorioso; la sua è carne risorta da morte; non un cadavere rianimato né un semplice spirito la cui funzione sarebbe quella di indicare una continuazione della causa di Gesù anche dopo la sua morte: “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; uno spirito non ha carne e ossa come vedete che io ho”. In queste affermazioni è contenuto tutto il realismo della resurrezione, ossia la difesa della fede nella resurrezione del corpo contro quelli che, allora come oggi, sono tentati di sminuire l’evento della resurrezione e di ridurlo a una generica sopravvivenza dell’insegnamento del rabbi e profeta Gesù di Nazaret…
 Ma a questo punto il Risorto, facendosi ancora una volta commensale dei suoi discepoli, approfondisce per loro il senso della propria resurrezione: un evento che fa di Gesù il Cristo, il Messia, perché “così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno”. Appare dunque in tutta la sua evidenza il fondamento ultimo della fede pasquale: le parole di Gesù unite a “tutte le cose scritte su di lui nella legge di Mosè, nei profeti e nei salmi”. Sì, la nostra fede è generata dall’ascolto della Parola di Dio contenuta nelle Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento, rilette alla luce della morte e resurrezione di Gesù: da quel “primo giorno dopo il sabato” (Lc 24,1), tutte le Scritture e tutte le parole di Gesù sono profezia del mistero pasquale!
 Non si dimentichi in proposito quanto si legge in un episodio presente proprio e solo nel vangelo lucano. Nella parabola del povero Lazzaro e del ricco egoista, Abramo si rivolge a quest’ultimo dicendo: “Se i tuoi fratelli non ascoltano Mosè e i profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi e crederanno” (cf. Lc 16,31). Va detto con chiarezza: senza ascolto delle Scritture non è possibile una fede pasquale autentica; possono esserci entusiasmo, visione dello straordinario, sete di miracoli, ma tutto questo non basta. “Cristo fu sepolto ed è risuscitato il terzo giornosecondo le Scritture” (1Cor 15,4): la chiesa ha compreso la straordinaria importanza di questa affermazione, al punto da inserirla al cuore della sua confessione di fede proclamata ogni domenica…
 A partire dall’esodo pasquale di Gesù, il suo Vangelo deve essere predicato a tutte le genti, affinché si convertano, cioè facciano ritorno a Dio, e accedano alla buona notizia della remissione dei peccati. Nel consegnare ai suoi questa rivelazione, il Risorto già rivolge lo sguardo alla missione della chiesa che si apre in quel giorno, “cominciando da Gerusalemme” e destinata a giungere fino a Roma (cf. At 28,11-30). Ecco perché egli rivolge agli undici un’ultima parola, che suona come un mandato perenne: “Di questo voi siete testimoni”. Gli apostoli dovranno essere testimoni della morte e resurrezione di Gesù, e a ciò saranno abilitati dallo Spirito santo, potenza di Dio che scenderà su di loro tramite l’intercessione dello stesso Gesù (cf. Lc 24,49). Questa è anche la testimonianza richiesta a noi, che sulla parola degli apostoli abbiamo creduto alla resurrezione di Gesù…
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P. Raniero Cantalamessa ofmcapp.
Il Vangelo ci fa assistere a una delle tante apparizioni del Risorto. I discepoli di Emmaus sono appena arrivati trafelati a Gerusalemme e stanno raccontando quello che è capitato loro lungo la via, quando Gesù in persona compare in mezzo a loro dicendo “Pace e voi!”. Dapprima, spavento, come se vedessero un fantasma, poi stupore, incredulità, e infine gioia. Anzi incredulità e gioia insieme: “Per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti”.
La loro è una incredulità tutta speciale. È l’atteggiamento di chi crede già (se no, non ci sarebbe gioia), ma non sa capacitarsi. Come chi dice: troppo bello per essere vero! La possiamo chiamare, con un paradosso, una fede incredula. Per convincerli, Gesù chiede loro qualcosa da mangiare, perché non c’è nulla come il mangiare qualcosa insieme che rassicuri e crei comunione.
Tutto questo ci dice qualcosa di importante sulla risurrezione. Essa non è solo un grande miracolo, un argomento o una prova, a favore della verità di Cristo. È di più. È un mondo nuovo nel quale si entra con la fede accompagnata da stupore e gioia. La risurrezione di Cristo è la “nuova creazione”. Non si tratta solo di credere che Gesù è risorto; si tratta di conoscere e sperimentare “la potenza della sua risurrezione” (Filippesi 3, 10).
Questa dimensione più profonda della Pasqua è particolarmente sentita dai nostri fratelli ortodossi. Per essi la risurrezione di Cristo è tutto. Nel tempo pasquale, incontrando qualcuno, essi lo salutano dicendo: “Cristo è risorto!”, al che l’altro risponde: “È risorto in verità!”. Questa abitudine è talmente radicata nel popolo, che si racconta questo aneddoto accaduto agli inizi della rivoluzione bolscevica. Era stato organizzato un dibattito pubblico sulla risurrezione di Cristo. Prima aveva parlato l’ateo, demolendo per sempre, a suo parere, la fede dei cristiani nella risurrezione. Sceso lui, salì sul podio il prete ortodosso che doveva parlare in difesa. L’umile pope guardò la folla e disse semplicemente: “Cristo è risorto!” . Tutti in coro risposero, prima ancora di pensarci: “È risorto in verità!”. E il prete discese in silenzio dal podio.
Conosciamo come viene raffigurata la risurrezione nella tradizione occidentale, per esempio in Piero della Francesca. Gesù che esce dal sepolcro issando la croce come un vessillo di vittoria. Il volto ispira una straordinaria fiducia e sicurezza. La sua vittoria però è sui suoi nemici esterni, terreni. Le autorità avevano messo sigilli alla sua tomba e guardie a vigilare, ed ecco che i sigilli sono infranti e le guardie dormono. Gli uomini sono presenti solo come testimoni inerti e passivi; non prendono veramente parte alla risurrezione.
Nell’icona orientale la scena è tutta diversa. Non si svolge a cielo aperto, ma sottoterra. Gesù, nella risurrezione, non sale ma scende. Con straordinaria energia egli prende per mano Adamo ed Eva che aspettavano nel regno dei morti e li trascina con sé verso la vita e la risurrezione. Dietro i due progenitori, una folla innumerevole di uomini e donne che aspettano la redenzione. Gesù calpesta le porte degli inferi che ha appena scardinato e infranto lui stesso. La vittoria di Cristo non è tanto su nemici visibili, quanto su quelli invisibili, che sono i più tremendi: la morte, le tenebre, l’angoscia, il demonio.
Noi siamo coinvolti in questa rappresentazione. La risurrezione di Cristo è anche la nostra risurrezione. Ogni uomo che guarda è invitato a identificarsi con Adamo, ogni donna con Eva, e a protendere la sua mano per lasciarsi afferrare e trascinare da Cristo fuori dal sepolcro. È questo il nuovo universale esodo pasquale. Dio è venuto “con braccio potente e mano tesa” a liberare il suo popolo da una schiavitù ben più dura e universale di quella d’Egitto.
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COMMENTI PATRISTICI

DISCORSO 116 di sant'Agostino

SULLE PAROLE DEL VANGELO DI LC 24, 36 47:
"
GESÙ APPARVE IN MEZZO A LORO E DISSE: LA PACE SIA CON VOI" ECC.
Cristo risorto apparve con il corpo.
1. 1. Come avete sentito, il Signore dopo la sua risurrezione apparve ai suoi discepoli e li salutò dicendo: La pace sia con voi. Ecco, la pace è il saluto della salvezza, poiché lo stesso termine "salute" prende il nome dalla salvezza. Che c'è dunque di meglio del fatto che la stessa Salvezza saluti l'uomo? La nostra salvezza infatti è Cristo. Proprio lui è la nostra salvezza, lui che fu per noi coperto di ferite, inchiodato sul legno della croce e poi, deposto dal legno, fu posto nel sepolcro. Dal sepolcro però risorse con le ferite risanate, ma conservando le cicatrici. Giudicò infatti fosse utile per i suoi discepoli che fossero conservate le sue cicatrici, perché venissero guarite con esse le ferite del loro cuore. Quali ferite? Le ferite dell'incredulità. Poiché egli apparve ai loro occhi mostrando la sua carne reale, ma essi credettero di vedere uno spirito. Questa è una ferita non leggera del cuore, poiché coloro che conservarono questa ferita diedero origine a una eresia funesta. Non crederemo dunque che i discepoli furono feriti per il fatto che furono guariti presto? La Carità vostra rifletta: se i discepoli fossero rimasti con quella ferita, credendo che il corpo sepolto di Cristo non fosse risorto, ma che uno spirito avesse ingannato gli occhi umani prendendo l'apparenza di un corpo; se fossero rimasti con questa fede, o meglio in questo rifiuto della fede, si sarebbe dovuto piangere la loro morte spirituale e non le loro ferite.
Il dubbio dei discepoli.
2. 2. Ma che cosa dice il Signore Gesù? Perché siete turbati e nel vostro cuore sorgono tali pensieri?. Se nel vostro cuore sorgono tali pensieri, essi provengono dalla terra. Ciò ch'è bene per l'uomo non è già che dei pensieri si elevino nel suo cuore, ma che il suo cuore ascenda in alto, dove l'Apostolo voleva mettere il cuore dei credenti, ai quali diceva: Se siete risorti con Cristo, pensate alle cose del cielo, dove Cristo è assiso alla destra di Dio; cercate le cose del cielo e non quelle della terra. Voi infatti siete già morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio; quando apparirà Cristo, ch'è la vostra vita, allora anche voi apparirete nella gloria insieme con lui. In quale gloria? In quella della risurrezione. In quale gloria? Ascolta l'Apostolo il quale, a proposito di questo corpo, afferma: È seminato nel disonore, ma risorgerà nella gloria. Gli Apostoli non volevano attribuire questa gloria al loro Maestro, al loro Cristo, al loro Signore; non credevano che avesse potuto risuscitare il suo corpo dal sepolcro; lo credevano uno spirito, eppure vedevano il corpo ma non prestavano fede ai propri occhi. Noi invece crediamo alla loro parola senza che ci mostrino il Cristo risuscitato. Ecco, a Cristo in persona, che faceva vedere se stesso, non credevano. Ferita funesta! Si mostrino le medicine per le cicatrici. Perché siete turbati e pensieri [di dubbio] sorgono nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi, ove fui inchiodato. Toccatemi e guardate. Ma voi guardate senza guardare. Toccatemi e guardate. Che cosa? Che uno spirito non ha né ossa né carne, come vedete che ho io. E dicendo ciò (così è stato letto) mostrò loro le mani e i piedi.
Come gli Apostoli venivano convinti della risurrezione di Cristo.
3. 3. Ma essi erano ancora esitanti a credere, stupefatti per la gioia. C'era già la gioia, ma persisteva ancora l'esitazione a credere. S'era infatti avverato un fatto incredibile, ma tuttavia s'era avverato! È forse ora incredibile che il corpo del Signore è risorto dal sepolcro? Lo ha creduto tutto il mondo; chi però non ha creduto è rimasto immondo. Allora tuttavia era un fatto incredibile, e [da Cristo] veniva mostrato non solo agli occhi ma ancora alle mani, al fine di far entrare nel cuore la fede mediante i sensi del corpo e in tal modo potesse essere annunciato per tutto il mondo a coloro che non avrebbero visto o toccato e tuttavia avrebbero creduto senza aver dubbi. Avete qui - disse -qualcosa da mangiare?. Quante prove aggiunse per confermare la fede il buon Maestro della fede! Non aveva fame, eppure chiedeva da mangiare. Egli quindi mangiò perché ne aveva volontà, non perché ne avesse necessità. I discepoli dunque riconoscano la realtà del corpo, come lo riconobbe il mondo grazie alla loro predicazione.
Contro i manichei che negano la risurrezione di Cristo.
4. 4. Se per caso ci sono degli eretici che ancora conservano nel cuore l'errata convinzione che Cristo si mostrò agli occhi dei discepoli, ma non era il vero corpo di Cristo, la depongano ormai e si lascino convincere dal Vangelo. Noi li biasimiamo di restare in tale errore: li condannerà lo stesso Cristo, se persisteranno ad avere una simile convinzione. Chi sei tu che non credi che il corpo deposto nel sepolcro abbia potuto risorgere? Sei forse manicheo, che non credi nemmeno che sia stato crocifisso, dal momento che non credi neppure alla sua nascita, affermi ch'egli ci mostrò ogni cosa falsa? Egli ha mostrato il falso, e tu dici la verità? Le tue affermazioni sarebbero vere, mentre il suo corpo sarebbe stato una falsa apparenza? Ecco, tu pensi ch'egli mostrò agli occhi dei discepoli ciò che non era; pensi che fosse uno spirito e non un corpo. Ma ascolta lui: egli ti vuol bene per non condannarti. Ascolta quello che dice lui; ecco, lo dice a te, infelice, parla a te: Perché sei turbato e dubbi sorgono nel tuo cuore? Osservate - dice - le mie mani e i miei piedi. Toccatemi e osservatemi: uno spirito non ha né ossa né carne, come invece vedete che ho io. Così affermava la Verità e ingannava? Era un corpo, era carne; si presentava agli occhi col corpo ch'era stato sepolto. Sparisca il dubbio, per far posto a un degno canto di lode.
Cristo mostrava in sé il capo ma prometteva il suo corpo, la Chiesa.
4. 5. Mostrò dunque se stesso ai discepoli. Che vuol dire "se stesso"? Vuol dire: "Il capo della propria Chiesa". La Chiesa, destinata ad essere diffusa per tutto il mondo, da lui era preveduta, dai discepoli invece ancora non era veduta. Mostrava il capo, ma prometteva il corpo. Che cosa infatti soggiunse in seguito? Proprio questo vi dicevo quand'ero ancora con voi. Che vuol dire: quand'ero ancora con voi? Non era forse con essi, quando parlava con loro? Che vuol dire: quando ero ancora con voi? Vuol dire: "Con voi da mortale, come ora non sono più. Ero con voi quando dovevo morire". Che vuol dire: con voi? Come uno destinato a morire con voi che siete destinati a morire. Adesso non sono più con voi, poiché mai più per l'avvenire dovrò morire con quelli che sono destinati a morire. Ecco dunque che cosa vi dicevo. Che cosa?.
5. 5. Che si doveva compiere tutto ciò ch'era stato scritto di me nella Legge, nei Profeti e nei Salmi. Vi dicevo che doveva compiersi tutto. Allora aprì ad essi l'intelligenza. Vieni dunque, Signore, fa' delle chiavi, apri [la nostra mente] per farci capire. Ecco, tu dici tutto, ma non sei creduto. Sei ritenuto un fantasma, vieni toccato, vieni urtato, e ancora sono esitanti nella fede quelli che ti toccano. Richiami alla loro mente le Scritture, ma essi non capiscono ancora. I cuori sono chiusi, ma tu apri ed entra. Fece così: A essi aprì allora l'intelligenza. Apri, Signore, e apri il cuore a chi dubita di Cristo. Apri l'intelligenza a chi crede che Cristo fosse un fantasma. Allora aprì la loro mente all'intelligenza delle Scritture.
Viene promessa la Chiesa destinata a diffondersi fra tutti i popoli.
5. 6.Poi disse loro. Che cosa? Così doveva accadere. Così infatti sta scritto e così doveva accadere. Che cosa? Che Cristo patisse e risorgesse il terzo giorno. Videro ciò, videro Cristo patire, lo videro pendere sulla croce, lo videro presente e vivente dopo la risurrezione. E allora, che cosa non vedevano? Non vedevano il suo corpo, cioè la Chiesa. Vedevano lui ma non vedevano lei. Vedevano lo sposo, la sposa invece era ancora nascosta. Faccia la promessa relativa a essa. Così sta scritto e così era necessario che Cristo patisse ma risorgesse al terzo giorno dai morti. Ciò è detto dello sposo.
6. 6. Che cosa è detto della sposa? Nel suo nome vengano predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Ecco che cosa i discepoli non vedevano ancora; ancora non vedevano la Chiesa diffusa tra tutti i popoli a cominciare da Gerusalemme. Vedevano il capo e riguardo al suo corpo credevano al capo. Credevano a ciò che non vedevano in base a ciò che vedevano. Simili ad essi siamo anche noi: vediamo una realtà ch'essi non vedevano ma non vediamo quello che vedevano essi. Che cos'è ciò che vediamo noi e ch'essi invece non vedevano? La Chiesa diffusa tra tutti i popoli. Che cos'è ciò che noi non vediamo e ch'essi invece vedevano? Il Cristo vivente nel suo corpo. Allo stesso modo ch'essi vedevano lui e credevano al corpo, così noi vediamo il corpo e crediamo al capo. Ci aiutino a vicenda le realtà viste da noi e quelle viste da loro. Essi furono aiutati dal fatto d'aver visto Cristo risorto per credere alla futura diffusione della Chiesa; noi, dal fatto di vedere la Chiesa già diffusa, siamo aiutati a credere che Cristo è risorto. Si è avverato ciò ch'essi credevano; ugualmente si avvera anche ciò che noi crediamo; si è avverato ciò ch'essi credevano del capo; si avvera anche ciò che noi crediamo del corpo. Sia a essi che a noi è stato fatto conoscere il Cristo totale, ma né da essi né da noi è stato visto il Cristo totale. Essi videro il capo e credettero all'esistenza del corpo; noi invece abbiamo visto il corpo, e abbiamo creduto all'esistenza del capo. A nessuno tuttavia manca il Cristo; in tutti è completo, ma gli resta ancora di completare il suo corpo. Credettero essi, per mezzo di essi credettero molti abitanti di Gerusalemme: credette la Giudea, credette la Samaria. Vengano a unirsi al corpo le altre membra, si unisca l'edificio al fondamento. Nessuno infatti, dice l'Apostolo, può porre il fondamento, se non quello già posto, ch'è il Cristo Gesù. Infurino pure i giudei, sfoghino pure la loro gelosia; venga lapidato Stefano, conservi gli abiti di coloro che gli scagliavano le pietre Saulo, che diventerà poi l'apostolo Paolo. Venga pure ucciso Stefano, venga turbata la Chiesa di Gerusalemme; si allontani di lì la legna accesa, vadano nel mondo per incendiarlo tutto. I discepoli nella Chiesa di Gerusalemme erano infatti, per così dire, legna infiammata dallo Spirito Santo, dal momento che avevano un'anima sola e un cuore solo protesi verso Dio. Dopo la lapidazione di Stefano quella Chiesa patì la persecuzione: la legna fu dispersa e il mondo fu incendiato.
Saulo cambiato in predicatore del Vangelo.
7. 7. E così dunque, seguendo gl'impulsi del suo furore Saulo ricevette lettere di presentazione dai capi dei sacerdoti e si avviò freneticamente smanioso di stragi, assetato di sangue, per trascinare incatenati tutti quelli che potesse, da qualunque luogo potesse, per condurli all'estremo supplizio, e così saziarsi del sangue versato. Dov'è dunque Dio, dov'è Cristo, dov'è il premiatore di Stefano? Dov'è, se non in cielo? Rivolga allora il suo sguardo su Saulo, si faccia beffe di lui che infierisce, gridi dal cielo: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?. Io sono in cielo, tu sulla terra, eppure tu mi perseguiti. Tu non tocchi il capo, ma calpesti le mie membra. Ma che cosa fai, che cosa ottieni? È duro per te recalcitrare contro il pungolo. Quali che siano i tuoi sforzi per tirar calci, tu fai del male solo a te stesso. Abbandona dunque il furore; ricevi la guarigione. Rinuncia al cattivo proposito, desidera l'aiuto salutare". Da quella parola Saulo fu gettato a terra. Chi era colui che fu gettato a terra? Il persecutore. Ecco, egli fu vinto da una sola parola. Perché stavi in cammino? Perché volevi mettere in atto la tua crudeltà? Adesso seguirai coloro che cercavi d'avere nelle tue mani; adesso soffrirai la persecuzione per coloro che tu perseguitavi. Si rialza come predicatore colui ch'è stato gettato a terra come persecutore. Ha udito la voce del Signore. Egli è stato accecato, ma nel corpo, per essere illuminato nello spirito. Condotto in casa di Anania, dopo essere stato istruito sulla maggior parte delle verità cristiane, fu battezzato; ne uscì come apostolo. Parla, predica, annuncia il Cristo, semina dappertutto, o valoroso capo del gregge, tu che poco fa eri ancora un lupo. Guardate ora, osservate colui che perseguitava la Chiesa con tanto furore. Quanto a me, non sia mai ch'io mi vanti d'altro all'infuori della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso come io per il mondo. Spandi il Vangelo, con la predicazione spargi dappertutto ciò che hai concepito nel tuo cuore. I popoli ascoltino, abbraccino la fede; si moltiplichino i fedeli, dal sangue dei martiri nasca la sposa del Signore imporporata del loro sangue. Per opera di essa inoltre quanti altri fedeli si sono aggiunti, quante altre membra si sono unite al capo e ancora adesso sono unite e credono! Anch'essi hanno ricevuto il battesimo come lo riceveranno altri, e altri ancora verranno dopo di noi. Allora - ripeto - alla fine del mondo si riuniranno al fondamento le pietre, le pietre viventi, le pietre sante, affinché alla fine sia portato a termine l'intero edificio della Chiesa primitiva o meglio della stessa Chiesa attuale, che adesso canta il cantico nuovo, mentre viene edificata la casa di Dio. Infatti un salmo ha proprio questo titolo: Quando veniva edificata la casa dopo la prigionia. E che cosa inoltre? Cantate al Signore un cantico nuovo; cantate al Signore, voi, terra intiera!.Quant'è grande questa casa! Ma quando canta essa un cantico nuovo? Mentre viene edificata. Quando viene consacrata? Alla fine del mondo. Il suo fondamento è stato già consacrato, perché è asceso al cielo e non muore più. Quando anche noi risorgeremo per non mai più morire, allora saremo consacrati a nostra volta.