ROMA, lunedì, 19 marzo 2012 – “San Giuseppe è realmente un padre e signore che protegge e accompagna nel cammino terreno coloro che lo venerano, come protesse e accompagnò Gesù che cresceva e diveniva adulto”.
Così scriveva San Josemarìa Escrivà , spiegando come questo “uomo comune, padre di famiglia, lavoratore che si è guadagnato la vita con lo sforzo delle sue mani”, aiuti a conoscere l’Umanità di Cristo, poiché fu eletto da Dio per essere suo padre sulla terra.
San Giuseppe è, quindi, un esempio per tutti i papà che oggi festeggiano il loro giorno: modello di padre ideale che insegna ad accettare questo compito come un’elezione, oltre che una missione.
E in un’epoca in cui la figura del padre è così svalutata tanto da essere ritenuta non necessaria o secondaria e dove la stessa paternità è considerata spesso un “intralcio”, c’è ancora qualcuno che ha voluto concretizzare l’insegnamento di San Giuseppe dicendo incondizionatamente sì alla volontà di Dio.
È la storia di Paolo, 57 anni, sposato da trentaquattro, catechista del Cammino Neocatecumenale a Roma e padre di dieci figli, sei maschi e quattro femmine, che mantiene con un unico stipendio da libero professionista.
Non un eroe, né un santo o un fanatico, ma un uomo qualunque che sperimenta ogni giorno la provvidenza di Dio nella sua famiglia e che in questa intervista ha voluto raccontare la gioia di essere padre, ovvero “immagine terrena della paternità celeste”.
Paolo, dal '68 ad oggi si è assistito ad un graduale rifiuto di alcuni valori, tra cui, in modo particolare, la figura del padre, inteso come principale riferimento dell'autorità . Come vivi tu oggi questo ruolo, soprattutto essendo il padre di una famiglia così numerosa?
Paolo: La realtà mostra che le persone vengono al mondo, ordinariamente, tramite un padre ed una madre e crescono in maniera armoniosa e soddisfacente - potremmo dire integrata - quanto più queste persone, padre e madre, esercitano il loro ruolo secondo caratteristiche specifiche e soprattutto in comunione fra loro.
Non ho quindi particolari dubbi sulla validità , anzi sull’assoluta necessità di una figura paterna autorevole e riconosciuta. Il fatto che vi siano forti correnti e influenze culturali e sociali contrarie a questo indirizzo lo vedo più come uno stimolo che come un ostacolo. Il problema è piuttosto correggere in se stessi quelle fragilità e debolezze che tendono a rovinare e impedire l'esercizio della paternità …
A cosa ti riferisci?
Paolo: All'incapacità di amare insita nella natura umana, che in certi momenti ti spinge o addirittura ti obbliga a pretendere dai figli vita per te invece di donare la tua per loro.
Dare la vita a volte può voler dire anche dire dei no e sicuramente vuole dire caricarsi di tutti gli oneri materiali, morali e spirituali che il rapporto con un altro da te e dipendente da te comporta. Per rispondere più direttamente alla domanda di prima posso dire che vivo il mio ruolo di padre con timore e tremore, in costante combattimento con la mia inadeguatezza che viene tuttavia sostenuta dalla grazia del matrimonio.
Hai avuto difficoltà nell'esercitare in pieno la tua autorità di genitore?
Paolo: Le difficoltà maggiori non sono venute dall'esterno. A parte momenti particolari, non ho mai desiderato un'accettazione della mia autorità facile dettata magari dall’abitudine, dal conformismo o dalla paura.
Le difficoltà vere sono venute sempre dalla mia inclinazione a trasformare l'autorità in autoritarismo con la conseguente pretesa di obbedienza laddove questa non era causata da una vera autorevolezza.
Inoltre di fronte ai fallimenti che ci sono - un figlio che disobbedisce, o cade in gravi difficoltà , o si ribella o prende una cattiva strada, ecc. - la superbia ti spinge a rinnegare tutto e a rinchiuderti in te stesso, mentre l'umiltà di aiuta ad accettare la correzione del Signore attraverso la storia e a ricominciare ogni giorno da capo.
Avere tanti figli è sicuramente una grazia e un dono del Signore, ma spesso è anche fonte di preoccupazione o problemi, come possono essere quelli economici, del lavoro o addirittura del giudizio degli altri o delle stesse famiglie d'origine. Da questo punto di vista qual è stata la tua esperienza?
Paolo: I problemi, le preoccupazioni non sono mancati in questi anni e continuano a non mancare, insieme a gioie e soddisfazioni molto grandi. La sussistenza materiale ha sicuramente causato angustie, ma ci ha anche permesso di sperimentare la provvidenza in maniera multiforme e in certi casi entusiasmante.
Devo dire poi che la dialettica sia con le famiglie d'origine, sia con l'ambiente circostante, in certi periodi particolarmente serrata, io e mia moglie non l'abbiamo vissuta come un limite, ma come una occasione di approfondimento e di testimonianza della possibilità di una vita più ricca e più piena.
Il dato fondamentale del generare i figli è stato il riconoscimento di una potestà superiore e di un'elezione: Dio è l'autore della vita (eterna), ci ama e ci elegge come suoi collaboratori per trasmettere la vita (eterna) per la nostra felicità , di genitori e figli. Tutto ciò si realizza nel combattimento della fede e nella libertà , nostra e dei figli.
Da chi e come sei stato aiutato in tutto questo e in che modo hai visto concretamente agire il Signore nella tua vita?
Paolo: Sono stato aiutato dalla Chiesa per mezzo di un cammino di iniziazione cristiana (il Cammino Neocatecumenale, n.d.r.) vissuto insieme ad una comunità di fratelli.
Il Signore si è manifestato in molti modi, ma soprattutto mi ha permesso di esercitare “indegnamente” il ruolo di Catechista per adulti, regalandomi una predicazione che mi ha mosso a riconoscermi peccatore, facendomi sperimentare il perdono e la misericordia, la riconciliazione e la comunione con Dio, con i fratelli, con mia moglie e con i figli, sempre con itinerari di “morte e resurrezione, desolazione e consolazione”.
Come già accennato anche dal punto di vista materiale, il Signore ha sempre provveduto a lavoro e risorse, educandomi e portandomi alla conoscenza di me stesso per insegnarmi la misericordia e l'amore per gli altri.
Devo dire sinceramente che io ce la metto tutta per rovinare la Sua opera ma, fino ad oggi, ogni volta che mi è stato concesso di confidare in Lui non sono rimasto deluso. (S. Cernuzio)
Fonte: Zenit