martedì 6 marzo 2012

Lucio Dalla e gli sciacalli


Lucia Annunziata su Dalla

Lucio Dalla non ha mai dichiarato nulla dei suoi affetti. Ad esempio, nel libro di Edgarda Ferri, La tentazione di credere, in cui il cantante è intervistato sulla sua vita, mentre l’intervistatrice vuole portarlo a parlare della sessualità, lui con discrezione non ne parla. 
Marco Alemanno è stato un collaboratore, amico, stretto familiare di Lucio Dalla; e Bruno Sconocchia, amico e manager di Dalla, ci fa notare che «la ragazza che è stata tutto il tempo accanto a lui [a Marco Alemanno] in chiesa è la sua compagna da anni».
Per passare alla sua vita pubblica di credente, allora dobbiamo anche sapere che negli ultimi anni era solito partecipare alla Messa tutti i giorni, celebrava spesso il sacramento della penitenza e il giorno prima di partire per la sua tournée si era confessato nella basilica di San Petronio, proprio dove sarebbero stati celebrati alcuni giorni dopo i suoi funerali. 
Questi sono i fatti. Il resto sono illazioni o chiacchiere.

La virtù cardinale della giustizia esige di non indagare su aspetti di cui Dalla non ha mai voluto parlare in pubblico, e che riguardano la sua vita privata, la sua privacy. Lucia Annunciata attribuisce a Lucio Dalla di «essere gay» e compie una grave ingiustizia: rivendica per Dalla ciò che Dalla per sé non ha mai rivendicato e nemmeno detto. O forse Lucia Annunziata dispone di documenti e di prove decisive? Chi ha conosciuto Lucio Dalla si meraviglia piuttosto della leggerezza della giornalista.
È interessante notare che Lucio Dalla non faceva parte dell’Arci-gay, che a Bologna è una presenza importante. Non ha mai appoggiato il gay pride, né vi è intervenuto.

Eppure adesso assistiamo a un arruolamento post mortem. Gli ideologi dell’omosessualità stanno creando il caso. Ripeto: nessuno ha il diritto di indagare sulla vita privata e sugli affetti di una persona. A maggior ragione quando questa persona, per quanto fosse una celebrità, è vissuta con semplicità e discrezione. E a più forte ragione perché questa persona è morta, non può più dire nulla e tanto meno difendersi da queste chiacchiere. Il grande sant’Agostino diceva: degli assenti parla bene oppure taci (de absentibus bene aut nihilo), regola d’oro molto dimenticata.

Ora, invece, con l’aiuto di alcuni giornalisti gli attivisti omosessuali costruiscono il Dalla omosessuale. Tutto ciò non rende onore al defunto. Se questa costruzione è falsa, è evidente che è un’operazione disgustosa e odiosamente iniqua. Ma anche se questa costruzione fosse aderente alla realtà, l’operazione mediatica resta altrettanto rivoltante: 1) perché Lucio Dalla non ha mai etichettato sé con l’aggettivo gay. La persona umana, infatti, è più ricca delle sue tendenze affettive, ordinate o disordinate, oneste o peccaminose che siano; 2) perché Lucio Dalla non ha mai esternato nulla, nulla in nessun senso. Il diretto interessato, oramai defunto, per quanto fosse sotto i riflettori, è sempre vissuto con grande semplicità e riserbo. Gli ideologi dell’omosessualità, invece, vogliono portare tutto in piazza, vero o falso che sia, l’importante è che sia verosimile.

Uno degli aspetti più inquietanti e paradigmatici di questa vicenda è osservare come gli ideologi dell’omosessualità e i giornalisti affini trattino il singolo uomo. È un’autentica strumentalizzazione: la singola persona umana è ridotta a quel solo aspetto funzionale alla loro ideologia. Visto che gli italiani devono essere “educati” ad accettare le nozze gay e che serve una vittima della presunta ipocrisia italiana, allora Dalla è ridotto a omosessuale, tutta la ricchezza della sua persona è contratta in un solo aggettivo. La persona, la verità dei fatti e degli affetti, le relazioni umane in cui fu coinvolto, la bellezza delle sue opere, tutto è stritolato dal furore ideologico: costruire l’idolo omosessuale, vero o falso che sia non importa, purché sia verosimile.

All’inizio ho ricordato la virtù cardinale della giustizia che esige di riconoscere i diritti dell’altro, quindi esige il rispetto del suo nome, della sua fama, della sua immagine, esige di dire sul suo conto cose vere, cioè aderenti alla realtà, e non false, e neanche tutte le cose vere, ma solo quelle che possano essere di interesse pubblico e non quelle che riguardano la sua vita privata.

In conclusione ricordo la virtù teologale della carità e in particolare uno degli atti che essa suscita cioè la misericordia fraterna della preghiera di suffragio. Pregare per i defunti, per la salvezza della loro anima, perché siano partecipi della misericordia salvifica di Gesù Cristo, non solo è un dovere di giustizia, di riconoscenza verso il defunto artista, che ci ha regalato tante emozioni, ma è anche un piacevole dovere della carità fraterna, che ci rende consapevoli di condividere la stessa sorte di peccatori pentiti e salvati dal sangue di Cristo.
(Giorgio M. Carbone, Domenicano, docente di Bioetica e Teologia morale alla Facoltà di Teologia dell'Emilia Romagna)



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Dodici digressioni, il libro del card. Biffi





Per gentile concessione dell'editore, pubblico il capitolo dedicato all'ideologia omosessuale tratto dal libro del cardinale Giacomo Biffi(*), «Dodici digressioni di un italiano cardinale», Cantagalli 2011.
Riguardo al problema oggi emergente dell’omosessualità, la concezione cristiana ci dice che bisogna sempre distinguere il rispetto dovuto alle persone, che comporta il rifiuto di ogni loro emarginazione sociale e politica (salva la natura inderogabile della realtà matrimoniale e familiare), dal rifiuto di ogni esaltata “ideologia dell’omosessualità”, che è doveroso.


L’insegnamento rivelatoLa parola di Dio, come la conosciamo in una pagina della lettera ai Romani dell’apostolo Paolo, ci offre anzi un’interpretazione teologica del fenomeno della dilagante aberrazione culturale in questa materia: tale aberrazione – afferma il testo sacro – è al tempo stesso la prova e il risultato dell’esclusione di Dio dall’attenzione collettiva e dalla vita sociale, e della renitenza a dargli la gloria
che gli spetta (cfr. Rm 1,21).
L’estromissione del Creatore determina un deragliamento universale della ragione: «Si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti» (Rm 1,21-22). In conseguenza di questo accecamento intellettuale, si è verificata la caduta comportamentale e teorica nella più completa dissolutezza: «Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi» (Rm 1,24).

E a prevenire ogni equivoco e ogni lettura accomodante,  l’Apostolo prosegue in un’analisi impressionante, formulata con termini del tutto espliciti: «Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Egualmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso
azioni indegne» (Rm 1,26-28).

Infine san Paolo si premura di osservare che l’abiezione estrema si ha quando “gli autori di tali cose… non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa” (cfr. Rm 1,32). È una pagina del libro ispirato, che nessuna autorità terrena può costringerci a censurare. E neppure ci è consentita, se vogliamo essere fedeli alla parola di Dio, la pusillanimità di passarla sotto silenzio per la preoccupazione di apparire non “politicamente corretti”.

Una prospettiva oggi vivaDobbiamo anzi far notare il singolare interesse per i nostri giorni di questo insegnamento della Rivelazione: ciò che san Paolo rilevava come avvenuto nel mondo greco-romano, si dimostra profeticamente corrispondente a ciò che si è verificato nella cultura occidentale in questi ultimi secoli: l’estromissione del Creatore – fino a proclamare grottescamente, qualche decennio fa, la “morte di Dio” – ha avuto come conseguenza (e quasi come intrinseca punizione) un dilagare di una visione sessuale aberrante, ignota (nella sua arroganza) alle epoche precedenti.

Un attentato alla libertà umanaL’ideologia dell’omosessualità – come spesso càpita alle ideologie quando si fanno aggressive e arrivano a essere politicamente vincenti – diventa un’insidia alla nostra legittima autonomia di
pensiero: chi non la condivide rischia la condanna a una specie di emarginazione culturale e sociale.
Gli attentati alla libertà di giudizio cominciano dal linguaggio. Chi non si rassegna ad accogliere la “omofilìa” (cioè l’apprezzamento teorico dei rapporti omosessuali), viene imputato di “omofobìa”
(etimologicamente la “paura dell’omosessualità). Deve essere ben chiaro: chi è reso forte dalla luce della parola ispirata e vive nel “timore di Dio”, non ha paura di niente, se non della “stupidità” nei confronti della quale, diceva Bonhoeffer, siamo senza difesa. Adesso si leva talvolta contro di noi addirittura l’accusa incredibilmente arbitraria di “razzismo”: un vocabolo che, tra l’altro, non ha niente a che vedere con questa problematica; e in ogni caso è del tutto estraneo alla nostra dottrina e alla nostra storia.

Il problema sostanziale che si profila è questo: è ancora consentito ai nostri giorni essere discepoli fedeli e coerenti dell’insegnamento di Cristo (che da millenni ha ispirato e arricchito l’intera civiltà occidentale), o dobbiamo prepararci a una nuova forma di persecuzione, promossa dagli omosessuali faziosi, dai loro complici ideologici e anche da coloro che avrebbero il compito di difendere la libertà intellettuale di tutti, perfino dei cristiani?

Un silenzio ingiustificatoUna domanda rivolgiamo in particolare ai teologi, ai biblisti e ai pastoralisti. Perché mai in questo clima di esaltazione quasi ossessiva della Sacra Scrittura il passo paolino di Rm 1,21-32 non è mai citato da nessuno? Come mai non ci si preoccupa un po’ di più di farlo conoscere ai credenti e ai non credenti, nonostante la sua evidente attualità?
* Cardinale, arcivescovo emerito di Bologna

Fonte: La Bussola Quotidiana



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Dal blog di Andrea Tornielli 

 Confesso di non aver compreso le polemiche di questi giorni seguite ai funerali di Lucio Dalla. I suoi funerali in chiesa, nella basilica di San Petronio, hanno suscitato polemiche perché Dalla era omosessuale anche se non aveva mai fatto coming out. In particolare, Lucia Annunziata ha dichiarato che in Italia “se non dici di essere gay ti concedono i funerali in una cattedrale e ti seppelliscono con il rito cattolico”.
L’ho trovata una polemica inutile. Al termine delle esequie ha preso la parola per leggere il testo di una canzone di Dalla Marco Alemanno, il suo compagno. Il cantautore era cattolico, frequentava la messa e i sacramenti. Se la curia di Bologna, guidata dal cardinale Carlo Caffarra, ha concesso le esequie in cattedrale, credo avesse le sue ragioni, legate proprio all’esperienza di fede di Lucio Dalla, che non ha mai preteso di cambiare l’insegnamento morale della Chiesa cattolica a riguardo dell’omosessualità.
Sono altamente significative le parole con cui oggi il cardinale Angelo Bagnasco ha risposto alla domanda di un giornalista a questo proposito: “Di fronte ai morti, ai defunti, preghiamo gli uni per gli altri, sempre”. Sempre, per i santi e – grazie a Dio – anche per i peccatori.


Il mio coetaneo, poeta che voleva capire l'Amore

Da La Repubblica, 5 marzo 2012
Il priore Enzo Bianchi ha partecipato domenica 4 marzo in S. Petronio a Bologna alla liturgia dei funerali dell'amico Lucio Dalla, curando la preghiera dei fedeli. 
Di una cosa era certissimo: che c'è l'al di là, l'oltre la morte, "il secondo tempo", la vita per sempre. Ancora recentemente mi aveva ripetuto: "Questa vita è solo l'anticamera, il bello deve venire!". Ho conosciuto Lucio una sera a Bologna nel 1971, giovani della medesima età (uno nato appena ventiquattr'ore prima dell'altro), e siamo subito diventati amici. Da allora incontri, conversazioni, telefonate, discorsi a tavola, mie visite a casa sua e ultimamente anche sue venute a Bose...Lucio era amabile perché umanissimo: nei rapporti con le persone, certo, ma anche nel suo pensare, nel suo poetare, nel suo abitare il tempo della vita per trovare in esso ciò che davvero conta, ciò che rimane, ciò che è eterno: perché "è eterno anche un minuto, ogni bacio ricevuto dalla gente che ho amato".
Tante volte assieme abbiamo parlato dell'Amore e Lucio ha voluto che fossi io a presentare a Torino nel dicembre scorso il suo ultimo album: "Questo è amore". "Cos'è l'amore?", mi chiedeva in un modo che pareva ossessivo. Non che non lo sapesse, ma voleva sempre mettersi alla prova, interrogarsi per verificare se i suoi rapporti, i suoi amori erano Amore."Vorrei capire che cos'è l'amore, dov'è che si prende, dov'è che si dà": non sono versi frivoli, non sono parole leggere, sono invece l'espressione della sua appassionata ricerca dell'amore.
Ci sono persone che per tutta la vita cercano solo l'amore, fino a essere vittime dell'amore che inseguono in modi a volte incomprensibili per gli altri. Lucio era una di queste persone: cercava l'amore, ma soprattutto credeva all'amore. Quando avevo qualche conferenza a Bologna lui, se era in città, non mancava mai, leggeva i miei libri, mi mandava messaggi per commentarli e sempre il cuore del discorso tornava a questa sua fede nell'amore. Gli piaceva sentirsi ripetere che "l'amore vince la morte", che nel cristianesimo proprio questo è il fondamento della fede: la morte, infatti, resta per tutti un enigma ed esige di essere vinta. Ma da chi? Dall'amore.
E nel ricordare Lucio vorrei aggiungere anche una parola sulla sua fede: mi raccontava che da ragazzo aveva avuto come confessore padre Pio e che più tardi, grazie ai domenicani di Bologna aveva potuto accompagnare la sua vita con la fede. Non rinnegava neppure alcune "devozioni", perché la sua era una fede semplice e umile, come quella di un bambino, ma una fede salda, carica di speranza. Nella mia amicizia con lui, ultimamente c'era anche la presenza cara di Marco Alemanno, l'amico sempre accanto che con la sua "arte" permetteva a Lucio di sperare contro ogni solitudine: "Buonanotte anima mia, adesso spengo la luce e così sia!". Buonanotte, Lucio, dormi, riposa nell'Amore, perché è certo che, come cantavi tu, "se Dio esiste voi, voi vi ritroverete là, là. Amore". Sì, Lucio, ci ritroveremo là, nell'Amore. (E. Bianchi)