mercoledì 21 dicembre 2011

Natale in Terra Santa


 










In Terra Santa, sono tante le iniziative per vivere le festività di Natale. Ad esempio sul lago di Tiberiade presso il Centro internazionale Domus Galilaeae, gestito dal Cammino Neocatecumenale, si terrà, come ogni anno, una rappresentazione dal vivo con i re Magi. Sempre nel periodo natalizio, a Betlemme e a Gerusalemme sarà eseguita la sinfonia sulla Sofferenza degli Innocenti, composta da Kiko Arguello, uno degli iniziatori del Cammino Neocatecumenale. Momenti importanti di incontro con le persone che vivono in Israele. Su queste iniziative, Debora Donnini (della Radio Vaticana, n.d.r.) ha intervistato padre Francesco Voltaggio (sotto, al centro della foto), rettore del Seminario diocesano "Redemptoris Mater" che ha sede in una parte riservata della Domus Galilaeae.






R. - Ci sarà un concerto il 27 dicembre a Betlemme a cui parteciperanno gli arabi cristiani di tutte le confessioni, anche ortodossi, e il 28 dicembre ci sarà questa sinfonia per i nostri fratelli ebrei a Gerusalemme. Il senso di questa sinfonia è parlare della sofferenza degli innocenti a partire dalla musica, che è un linguaggio universale, quindi che apre uno spazio anche a gente non direttamente cristiana, non direttamente credente, e in particolare la sinfonia è tutta centrata sulla sofferenza della Vergine Maria sotto la croce, su questa spada che anche Simeone ha profetizzato. Già abbiamo fatto questo con gli ebrei: ha presieduto l’incontro una volta il Rabbino David Rosen e un’altra volta il Rabbino Lefkovitz e sono stati eventi che hanno toccato molto tutti gli ebrei che erano presenti.
D. - Prima del concerto Kiko farà un breve discorso parlando del mistero della sofferenza nella vita di ogni uomo…
R. – Esattamente, non è solo una sinfonia ma è una celebrazione sinfonico-catechetica in cui c’è una catechesi breve: un’introduzione alla sinfonia di Kiko Arguello, in cui si sottolinea come la sofferenza non è il silenzio di Dio. Noi come cristiani sappiamo che nella stessa sofferenza c’è Dio che è presente.
D. – Come ogni anno in questo periodo natalizio, per la festa dell’Epifania, farete alla Domus Galilaeae anche una rappresentazione dal vivo con i Re Magi. In cosa consiste?
R. – La facciamo sempre: un giorno per gli ebrei della Galilea, ma adesso vengono anche da Gerusalemme, da Tel Aviv, e un giorno per gli arabi cristiani. Proclamiamo il Vangelo del giorno, l’incontro degli arabi cristiani della Galilea è sempre presieduto a turno da un vescovo locale, quindi è anche un’occasione di ritrovarsi per i cristiani e anche specialmente per i bambini, perché vedere dal vivo questa rappresentazione dei Re Magi che vengono sui cammelli sullo sfondo del lago di Galilea per loro è un’esperienza indimenticabile. Dopo, anche i bambini fanno domande ai Re Magi, che sono poi sempre seminaristi di varie parti del mondo. Per quanto invece riguarda gli ebrei è un incontro di amicizia. Anche lì proclamiamo il Vangelo in ebraico, facciamo canti ebraici, però siccome il Natale coincide sempre con la festività di Hannukah è un’occasione per festeggiare le feste e con nostra grande sorpresa abbiamo una partecipazione grandissima di ebrei. Ricordo l’anno scorso, per esempio, un ebreo di un paese vicino alla Domus ha detto: io non mi voglio perdere assolutamente questo incontro perché qui sperimento la festa; questa comunione, questa gioia tra ebrei e cristiani io non l’ho mai sperimentata, quindi verrò ogni anno con piacere.
D. – Lei è rettore di un seminario "Redemptoris Mater" che sorge vicino alla Domus Galilaeae sul lago di Tiberiade ma è un seminario particolare…
R. – E’ un seminario latino, cioè eretto dal patriarca latino di Gerusalemme però in comunione con l’arcivescovo greco-cattolico mons. Elias Chacour e l’arcivescovo maronita, quindi di fatto è un seminario latino aperto ad altri riti, principalmente il greco-cattolico e il maronita. I seminaristi latini saranno incardinati nella diocesi latina del Patriarcato di Gerusalemme ma abbiamo anche seminaristi greco-cattolici e seminaristi maroniti che saranno incardinati nella loro diocesi con la specificità nostra che siamo diocesani però missionari, cioè disposti a partire per la missione nel Medio Oriente e in qualunque parte del mondo. Quindi tutti i seminaristi imparano l’arabo e l’ebraico per poter servire la Chiesa locale e anche per essere inviati in missione. Nel caso delle Chiese orientali noi però formiamo “celibi”; abbiamo il carisma di formare celibi perché, come sappiamo, nelle Chiese orientali cattoliche c’è anche la possibilità dei sacerdoti uxorati però noi non abbiamo esperienza in questo tipo di formazione.
D. – E’ una ricchezza il rapporto fra i seminaristi di riti diversi?
R. – Sì, è una ricchezza grandissima che prepara i futuri presbiteri in un’era in cui la globalizzazione sta sempre più avanzando. Non possiamo più parlare di zone dove ci sono arabi o solo cinesi... Prima di tutto il seminario è internazionale: per esempio, abbiamo seminaristi da Israele, Libano, Giordania e anche dall’Europa … Sperimentiamo una grande comunione: è importante amare il proprio rito ma essere aperti a tutta la ricchezza della Chiesa cattolica.