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Domani 16 ottobre celebriamo la XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno A |
Le aspirazioni del cuore, anima della preghiera Dalla «Lettera a Proba» di sant'Agostino, vescovo |
MESSALE Antifona d'Ingresso Sal 16,6.8
* * * COMMENTI 1. Congregatio pro Clericis Nel brano evangelico, che la Liturgia offre in questa Domenica, sono molteplici i livelli attraverso i quali il Signore si rivolge a noi, dall’atteggiamento ed infinita pazienza che Egli ha verso i propri interlocutori, al contenuto stesso della risposta, alla chiara indicazione di metodo che ad essa sottende. Prenderemo principalmente in considerazione quest’ultimo aspetto: l’indicazione di metodo. Interrogato e messo alla prova circa le cosiddette “questioni temporali”, il Verbo incarnato non inventa una nuova dottrina, non rivoluziona l’ordine delle cose, non pretende il riconoscimento astratto della propria divina Regalità, ma conduce semplicemente i Suoi avversari a “leggere” la realtà, quella stessa realtà nella quale Egli, che è vero Dio, ha voluto entrare definitivamente come vero uomo. «Mostratemi la moneta del tributo». Per comprendere il reale valore delle cose, delle relazioni interpersonali, dei propri compiti e responsabilità, per ricevere la risposta autentica ad ogni interrogativo, il metodo è uno solo: sottoporre ogni realtà allo sguardo di Cristo. Così facendo, però, non si ottiene un’indicazione estranea all’umana intelligenza. Gli stessi farisei ed erodiani, che interrogavano Gesù, non hanno ricevuto da Lui una risposta, che fosse basata su criteri nuovi e sconosciuti, tale da poter essere rifiutata da loro come incomprensibile o “impugnata” dalle autorità romane come sovversiva dell’ordine costituito. «Egli domandò loro: “Quest’immagine e l’iscrizione, di chi sono?”. Gli risposero: “Di Cesare”». Cristo non risponde all’uomo “saltando” la sua intelligenza e libertà, ma, piuttosto, attraverso di esse. Allo stesso tempo, però, la verità e profondità della Sua risposta sono sempre incredibilmente nuove. «Quest’immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Egli domanda loro che gli venga mostrata la realtà in questione – la moneta del tributo –, per poi guidare i presenti all’osservazione semplice e attenta di quell’oggetto. Cristo non offre dottrine nuove, in virtù della Sua Sapienza divina, né si sostituisce agli uomini, in virtù della sua umana perfezione, ma decide di vivere, dal di dentro, la nostra stessa vicenda, per condurci, come per mano, al reale significato delle cose che ci circondano, alla verità del nostro cuore e di tutto il nostro essere, alla verità del prossimo, alla Verità ultima, che tutte le sottende e che è Dio, fino a quella familiarità “ontologica” con Lui, che è il divenire partecipi della Sua stessa Figliolanza divina. «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Dove oggi possiamo fare esperienza di una simile compagnia alla nostra esistenza, che arriva ad offrire il proprio amore ad ogni uomo, anche il più ostile? Dove oggi possiamo fare esperienza dell’Emmanuele, il Dio-con-noi, che, ponendosi al nostro fianco, cammina con noi, per condurci, attraverso la Sua Umanità perfetta, all’oceano eterno della Divinità? Dove, oggi, permane la Presenza di Cristo, che continua a rivolgere agli uomini la stessa domanda: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?» È nell’Unità di coloro che Egli ha voluto associare a Sé, come i tralci alla vite, che Egli permane Presente e Operante nella storia dell’umanità. È nella comunità dei credenti, che vengono generati a Vita nuova nel lavacro battesimale, conformati sempre più al Suo Cuore adorabile, attraverso la Comunione dell’unico Pane Eucaristico, e guidati nel cammino dal Dolce Cristo in terra, il Successore di Pietro, che Egli ricorda agli uomini: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Ma cosa appartiene dunque a Cesare? Cosa egli può, anche oggi, richiedere agli uomini? Egli può esigere il tributo; quel rispetto per la sua autorità, indispensabile alla civile convivenza; la collaborazione per la pace sociale, che permette all’uomo di dedicarsi alle esigenze proprie della sua altissima dignità – collaborazione che si offre con l’onestà della vita e l’obbedienza, in quelle materie legali-amministrative che sono “disponibili” alla volontà del legislatore. E che cosa appartiene a Dio? In cosa è impressa la Sua immagine e l’iscrizione? Tutto, anche Cesare, anche cioè l’autorità, che non è mai soltanto al di sopra dei singoli per servire il popolo, ma, con i singoli e con il popolo, sta “sotto il Cielo”, sotto lo sguardo di Dio, avendo, quali coordinate del proprio agire, la natura e la ragione. Come affermava Tertulliano: «Grande è l’imperatore, perché più piccolo del Cielo!». L’uomo ha, cioè, quali coordinate fondamentali per comprendere ciò che è giusto la legge naturale, inscritta nelle cose, e l’umana intelligenza, capace di riconoscerla. Come ha recentemente insegnato il Santo Padre Benedetto XVI nella sua Visita al Parlamento federale, nel Reichstag di Berlino: «“Togli il diritto – e allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?” ha sentenziato una volta sant’Agostino. Noi tedeschi […] abbiamo sperimentato il separarsi del potere dal diritto, il porsi del potere contro il diritto, il suo calpestare il diritto, così che lo Stato era diventato lo strumento per la distruzione del diritto – era diventato una banda di briganti molto ben organizzata […]. Servire il diritto e combattere il dominio dell’ingiustizia è e rimane il compito fondamentale del politico. In un momento storico in cui l’uomo ha acquistato un potere finora inimmaginabile, questo compito diventa particolarmente urgente». Fratelli carissimi, osserviamo quel comandamento d’amore che Cristo ci ha donato nella stessa comunione con la Sua Vita divina, siamo autentici promotori dei “diritti di Dio”, senza relativismi né anarchie di sorta, ma coscienti dell’unica vera dipendenza che anima e sorregge la realtà tutta, la dipendenza da Dio, Creatore e Redentore. E ripetiamo al mondo, insieme alla Beata Vergine Maria: «Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza, date al Signore la gloria del suo nome»! * * * |
Si rivelano così due tipi qualitativamente diversi di sovranità di Dio sul mondo: la sovranità spirituale che costituisce il regno di Dio e che egli esercita direttamente in Cristo, e la sovranità temporale o politica che Dio esercita indirettamente, affidandola alla libera scelta delle persone e al gioco delle cause seconde.
Cesare e Dio non sono però messi sullo stesso piano, perché anche Cesare dipende da Dio e deve rendere conto a lui. "Date a Cesare quello che è di Cesare" significa dunque: "Date a Cesare quello che Dio stesso vuole che sia dato a Cesare". È Dio il sovrano ultimo di tutti, Cesare compreso. Noi non siamo divisi tra due appartenenze; non siamo costretti a servire "due padroni". Il cristiano è libero di obbedire allo stato, ma anche di resistere allo stato quando questo si mette contro Dio e la sua legge. In questo caso non vale invocare il principio dell'ordine ricevuto dai superiori, come sono soliti fare in tribunale i responsabili di crimini di guerra. Prima che agli uomini, occorre infatti obbedire a Dio e alla propria coscienza. Non si può dare a Cesare l'anima che è di Dio.
Il primo a tirare le conclusioni pratiche di questo insegnamento di Cristo, è stato san Paolo. Egli scrive: "Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio... Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio...Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio" (Rom 13, 1 ss.). Pagare lealmente le tasse per un cristiano (ma anche per ogni persona onesta) è un dovere di giustizia e quindi un obbligo di coscienza. Garantendo l'ordine, il commercio e tutta una serie di altri servizi, lo stato dà al cittadino qualcosa per il quale ha diritto a una contropartita, proprio per poter continuare a rendere questi stessi servizi.
L'evasione fiscale, quando raggiunge certe proporzioni - ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica -, è un peccato mortale, al pari di ogni altro furto grave. È un furto fatto non allo "stato", cioè a nessuno, ma alla comunità, cioè a tutti. Questo suppone naturalmente che anche lo stato sia giusto ed equo nell'imporre le sue tasse.
La collaborazione dei cristiani alla costruzione di una società giusta e pacifica non si esaurisce nel pagare le tasse; deve estendersi anche alla promozione dei valori comuni, quali la famiglia, la difesa della vita, la solidarietà con i più poveri, la pace. C'è anche un altro ambito in cui i cristiani dovrebbero dare un contributo più incisivo alla politica. Non riguarda tanto i contenuti quanto i metodi, lo stile. Occorre svelenire il clima di perpetuo litigio, riportare nei rapporti tra i partiti un maggiore rispetto, compostezza e dignità. Rispetto del prossimo, mitezza, capacità di autocritica: sono tratti che un discepolo di Cristo deve portare in tutte le cose, anche in politica. È indegno di un cristiano abbandonarsi a insulti, sarcasmo, scendere a risse con gli avversari. Se, come diceva Gesù, chi dice al fratello "stupido!", è già reo della Geenna, che ne sarà di molti uomini politici?
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