martedì 25 ottobre 2011

La biblioteca di Dio



Credo che in qualche punto dell'universo debba esserci un archivio in cui sono conservate tutte le sofferenze e gli atti di sacrificio dell'uomo. Non esisterebbe giustizia divina se la storia di un misero non ornasse in eterno l'infinita biblioteca di Dio.

«Il mio vagabondare tu, o Dio, lo registri; le mie lacrime nell'otre tuo raccogli: non sono forse scritte nel tuo libro?». È l'antico Salmista ebreo a cantare (56,9): Dio raccoglie tutte le lacrime delle vittime della storia umana, così che esse non cadano nel vuoto. Esse sono agli occhi di Dio realtà preziose come l'acqua che il beduino conserva nel suo otre quando viaggia nel deserto. In questo scrigno e nell'«anagrafe» ideale della vita dell'umanità Dio registra e custodisce come tesori tutte le sofferenze. La stessa idea è nel bel frammento che abbiamo desunto dal romanzo L'immagine di Isaac B. Singer (1904-1991), scrittore ebreo polacco vissuto in America, fedele sempre alla lingua materna yiddish. Alle righe che abbiamo citato è sottesa l'eterna domanda: c'è un senso al nostro dolore? E per il credente: c'è un Dio che raccoglie tutte le lacrime nascoste? Per l'ebreo in particolare: l'«Olocausto» ha almeno nel supremo progetto divino sulla storia una collocazione possibile? Interrogativi brucianti che vengono per ora accantonati dallo scrittore, Nobel 1978 della letteratura, ma che approdano alla certezza che – qualunque sia la risposta filosofica o teologica – Dio non può ignorare questo respiro di dolore che sale dalla terra. Nei suoi colossali archivi non sono registrati tanto i trionfi militari o i successi umani (a questo pensano già i libri umani di storia e i relativi documenti) quanto piuttosto lo sterminato patrimonio di lacrime, lutti, lamenti e affanni. Solo Dio saprà con essi costruire una trama nel libro della vita che orna la sua «infinita biblioteca».
Fonte: G. Ravasi in "Mattutino" del 25 ottobre 2011

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Di seguito il testo del Salmo citato sopra.

Salmo 56


[1] Al maestro del coro. Su "Jonat elem rehoqim".
Di Davide. Miktam. Quando i Filistei lo tenevano prigioniero in Gat.

[2] Pietà di me, o Dio, perché l'uomo mi calpesta,
un aggressore sempre mi opprime.

[3] Mi calpestano sempre i miei nemici,
molti sono quelli che mi combattono.

[4] Nell'ora della paura,
io in te confido.

[5] In Dio, di cui lodo la parola,
in Dio confido, non avrò timore:
che cosa potrà farmi un uomo?

[6] Travisano sempre le mie parole,
non pensano che a farmi del male.

[7] Suscitano contese e tendono insidie,
osservano i miei passi,
per attentare alla mia vita.

[8] Per tanta iniquità non abbiano scampo:
nella tua ira abbatti i popoli, o Dio.

[9] I passi del mio vagare tu li hai contati,

le mie lacrime nell'otre tuo raccogli;
non sono forse scritte nel tuo libro?


[10] Allora ripiegheranno i miei nemici,
quando ti avrò invocato:
so che Dio è in mio favore.

[11] Lodo la parola di Dio,
lodo la parola del Signore,

[12] in Dio confido, non avrò timore:
che cosa potrà farmi un uomo?

[13] Su di me, o Dio, i voti che ti ho fatto:
ti renderò azioni di grazie,

[14] perché mi hai liberato dalla morte.
Hai preservato i miei piedi dalla caduta,
perché io cammini alla tua presenza
nella luce dei viventi, o Dio.