giovedì 28 luglio 2011

Una donna di nome Marta Lo ricevette nella sua casa

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A te mi abbandono. - Gesù, non lasciarmi mai sola quando soffro!
Tu conosci la mia assoluta nullità, conosci l'abisso della mia miseria.
La mia debolezza è tanto grande,
che non c'è davvero da stupirsi se io cadrò, lasciata sola.
Sono impotente, mio Signore, e non so, da sola, comportarmi bene.
In te confido, e a te m'abbandono!

Santa Faustina Kowalska


Di seguito il Vangelo di oggi 29 luglio, memoria liturgica di santa Marta, con un commento e un testo dai Discorsi di sant'Agostino. Buona giornata.

Lc 10,38-42

In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi.
Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».


IL COMMENTO


Per chi sono, oggi, i nostri occhi? C'è Gesù, lo abbiamo accolto con amore, con gioia, ma il nostro sguardo si perde tra giudizi e mormorazioni. Lo sguardo di Marta, riflesso delle sue troppe preoccupazioni e agitazioni, è appesantito e fissato su ciò che non conta. Gli occhi tradiscono il cuore. "La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!" (Mt. 6, 22-23). Tenebra sono i giudizi, le gelosie, le mormorazioni, avanguardie della carne malata. Lo sguardo piantato su sé stessi, dimentico del Signore che è proprio lì, accanto a noi.

Occhi per la Parola. Di questi abbiamo bisogno, perchè la Parola è un uomo - il più bello tra figli dell'uomo - e sguardi, e amore vero e visibile: la Parola si ascolta e si guarda. La Parola si contempla, come e più del volto dell'innamorato.Non si tratta infatti di una parola qualsiasi, è Dio fatto carne, la Parola eterna che cerca la nostra vita. La parte "buona", non solo "migliore" come recita la traduzione. La Parola di Gesù è Lui stesso, la parte buona, l'unica, della vita. Guardarlo con il cuore, spalancargli le porte, accovacciarci ai suoi piedi come un discepolo. Pendere dalle Sue labbra. E' l'amore, la nostra possibilità di amore. E' Lui l'indispensabile, lo sappiamo, lo abbiamo sperimentato.

Ma il nostro io purtroppo ci fagocita e lo sguardo si fa tenebroso. E' la nostra vita d'ogni giorno. Camminiamo con il Signore, ma restiamo intrappolati nella tristezza. Siamo bloccati dai nostri progetti, dalle nostre idee, dal nostro "fare" da cui speriamo un improbabile "essere". Mentre tutto, assolutamente tutto, ci sfugge di mano, castelli di sabbia che un'onda si porta via. Lavoro, amici, figli, amori, in tutto una precarietà disarmante. Per quanto difendiamo, come Marta, i nostri diritti, le nostre cose, nulla ci può garantire dalla precarietà.

Tutto è vanità. Il cielo e la terra passeranno, solo la Sua Parola non passerà in eterno. Scomparirà la scena di questo mondo, resisterà solo chi fa la volontà di Dio. E una sola certezza, una sola parte buona che non sarà mai tolta: la parola fatta carne, la volontà del Padre vivente in Cristo. Guardare Lui, fissarlo e ascoltarlo, non v'è altro cammino al Cielo. I nostri occhi tutti rapiti dal Suo volto. Oggi, nella storia concreta che ci attende. La Sua Parola per noi, la Vita e la gioia. Una bandiera bianca, sventoliamola oggi di fronte alla nostra superbia. Chiediamo al Signore la Grazia di stare, oggi, con Lui. Che tutto il nostro desiderio, che ogni nostro pensiero, che ogni sguardo sia per Lui. "Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra" (Sal. 16). "Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore Dio ho posto il mio rifugio" (Sal 72).

Che sia davvero il Signore "mia parte di eredità e mio calice" perchè la nostra eredità è già magnifica. Scriveva in proposito Giovanni Paolo II commentando il Salmo 15: "...il simbolo dell’«eredità»... si parla, infatti, di «eredità, calice, sorte». Questi vocaboli erano usati per descrivere il dono della terra promessa al popolo di Israele. Ora, noi sappiamo che l’unica tribù che non aveva ricevuto una porzione di terra era quella dei Leviti, perché il Signore stesso costituiva la loro eredità. Il Salmista dichiara appunto: «Il Signore è mia parte di eredità… è magnifica la mia eredità» (Sal 15,5.6)... Sant’Agostino commenta: «Il Salmista non dice: O Dio, dammi un’eredità! Che mi darai mai come eredità? Dice invece: tutto ciò che tu puoi darmi fuori di te è vile. Sii tu stesso la mia eredità. Sei tu che io amo… Sperare Dio da Dio, essere colmato di Dio da Dio. Egli ti basta, fuori di lui niente ti può bastare» (Sermone 334,3: PL 38,1469). Il secondo tema è quello della comunione perfetta e continua col Signore. Il Salmista esprime la ferma speranza di essere preservato dalla morte per poter rimanere nell’intimità di Dio, la quale non è più possibile nella morte. Le sue espressioni, tuttavia, non mettono nessun limite a questa preservazione; anzi, possono venire intese nella linea di una vittoria sulla morte che assicura l’intimità eterna con Dio. Due sono i simboli usati dall’orante. È innanzitutto il corpo ad essere evocato: gli esegeti ci dicono che nell’originale ebraico (cfr Sal 15,7-10) si parla di «reni», simbolo delle passioni e dell’interiorità più nascosta, di «destra», segno di forza, di «cuore», sede della coscienza, persino di «fegato», che esprime l’emotività, di «carne», che indica l’esistenza fragile dell’uomo, e infine di «soffio di vita». È, quindi, la rappresentazione dell’«essere intero» della persona, che non è assorbito e annientato nella corruzione del sepolcro (cfr v. 10), ma viene mantenuto nella vita piena e felice con Dio. Ecco, allora, il secondo simbolo del Salmo 15, quello della «via»: «Mi indicherai il sentiero della vita» (v. 11). È la strada che conduce alla «gioia piena nella presenza» divina, alla «dolcezza senza fine alla destra» del Signore. Queste parole si adattano perfettamente ad una interpretazione che allarga la prospettiva alla speranza della comunione con Dio, oltre la morte, nella vita eterna. È facile intuire a questo punto come il Salmo sia stato assunto dal Nuovo Testamento in ordine alla risurrezione di Cristo. San Pietro nel suo discorso di Pentecoste cita appunto la seconda parte dell’inno con una luminosa applicazione pasquale e cristologica: «Dio ha risuscitato Gesù di Nazareth, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere» (At 2,24)." (Giovanni Paolo II, Udienza generale di Mercoledì, 28 luglio 2004). Dietro le Parole di Gesù rivolte a Marta vi è questo salmo, parole che schiudono alla vita eterna, alla vita salvata dalla corruzione; tutte le esperienze, ogni evento fissato in eterno dall'intimità con il Signore. Il Cielo, l'eredità magnifica che ci attende, anticipata dalla Parola del Signore preparata per noi. La parte buona della quale Maria, seduta ai piedi di Gesù, ha cominciato a gustarne le primizie.

Quell'eredità nella quale anche Marta ha imparato a credere, sino al limite della morte che ha visitato il fratello amato. Anche di fronte alla corruzione Marta professa la fede nella risurrezione, contro ogni speranza umana. Il cammino di Marta è il nostro cammino: dalla mormorazione alla fiducia, dal giudizio alla gratitudine, dalla tristezza alla gioia, dal moralismo alla fede e all'amore vero, gratuito, purificato. La Parola di Verità ha avuto ragione delle sue ragoni e le ha donato un cuore nuovo, colmo di speranza, fede e carità. L'opera della Grazia, in lei, come in ciascuno di noi. Guardarlo, ascoltarlo, è già la Vita eterna. Tutto di noi già eterno. In Lui, con Lui, per Lui. Gioia piena e dolcezza senza fine alla Sua presenza. In Cielo, e oggi. Gli occhi fissi nei Suoi occhi, la nostra vita nella Sua vita.


"Il Signore è il nostro specchio
aprite gli occhi e volgetevi a lui,
osservate come sono i vostri volti!
Glorificate altamente il suo Spirito!
Togliete lo sporco dai vostri visi,
amate la sua santità e rivestitevene,
siate irreprensibili al suo cospetto. Alleluia!"

Odi di Salomone, 13

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AGOSTINO DI IPPONA

DISCORSO 103

SULLE PAROLE DEL VANGELO DI LC 10, 38-42:
"E UNA DONNA DI NOME MARTA LO RICEVETTE NELLA SUA CASA" ECC.
Bisogna tendere a un'unica meta.
1. 1. Le parole di nostro Signore Gesù Cristo che sono state lette poc'anzi dal Vangelo ci richiamano alla mente ch'esiste una misteriosa unità alla quale dobbiamo tendere quando ci affatichiamo nella molteplicità delle cose di questo mondo. A questa mèta noi tendiamo mentre siamo ancora pellegrini e non ancora arrivati nella stabile dimora, mentre siamo ancora in cammino e non ancora nella patria, ancora spinti dal desiderio, non ancora nel godimento. Dobbiamo però tendervi alacremente e incessantemente, per giungervi finalmente un bel giorno.
Cristo si degna di farsi nutrire.
1. 2. Marta e Maria erano due sorelle germane non solo riguardo alla nascita ma anche alla loro pietà; tutt'e due erano legate da grande affetto al Signore, tutt'e due servivano il Signore, presente col suo corpo, in perfetto accordo di sentimenti. Marta lo accolse come si è soliti accogliere i pellegrini, e tuttavia accolse il Signore come serva, il Salvatore come inferma, il Creatore come creatura. Lo accolse per nutrirlo nella carne, mentre era lei che doveva essere nutrita nello spirito. Il Signore infatti volle prendere la natura di servo ed essere nutrito in questa natura dai servi, per condiscendenza, non per esigenza. Poiché fu una condiscendenza anche quella di offrirsi per essere nutrito. Aveva sì un corpo con cui sentiva fame e sete, ma non sapete che quando nel deserto egli ebbe fame andarono a servirlo gli angeli? Il fatto dunque che volle essere nutrito, fu un dono da lui concesso a chi lo nutriva. Che c'è quindi da stupirsi che anche ad una vedova concesse di nutrire il santo profeta Elia, ch'egli prima nutriva procurandogli il cibo per mezzo d'un corvo? Si era forse trovato nell'impossibilità di nutrirlo quando lo mandò da una vedova? Per nulla affatto, ma aveva stabilito di benedire una pia vedova per il servizio da lei reso al proprio servo. Così dunque fu accolto come ospite il Signore ch'è venuto tra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio; in tal modo ha adottato dei servi rendendoli fratelli, ha riscattato dei prigionieri costituendoli suoi coeredi. Nessuno di voi però osi esclamare: "Felici coloro che hanno meritato d'accogliere Cristo nella propria casa!". Non affliggerti, non recriminare d'esser nato in un tempo in cui non puoi vedere più il Signore nel suo corpo: non ti ha privato di questo onore, poiché egli assicura: Ogni volta che avete fatto qualcosa a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me.
Ambedue buone le occupazioni di Marta e di Maria, ma migliore quella di Maria.
2. 3. Accontentiamoci per il momento di aver detto queste cose a proposito del nutrimento corporeo ricevuto dal Signore e di quello spirituale dato in cambio da lui; veniamo ora all'argomento che ho proposto, quello cioè riguardante l'unità. Marta, mettendo in ordine la casa e preparando da mangiare per il Signore, era molto indaffarata. Sua sorella Maria invece preferì d'essere nutrita dal Signore. Abbandonò in certo qual modo la sorella affannata in molte faccende, si pose a sedere ai piedi del Signore e senza occuparsi d'altro ascoltava le sue parole. Essa con vivissimo spirito di fede aveva ascoltato: Riposatevi e sappiate che io sono il signore. L'una si agitava, l'altra desinava; l'una era occupata in molte cose, l'altra era intenta a una sola cosa. Ambedue le occupazioni erano buone, ma tuttavia che bisogno avremmo di dire qual era migliore? Abbiamo uno a cui possiamo domandarlo; ascoltiamolo insieme. Già quando veniva letto il Vangelo abbiamo sentito che cosa sia meglio; ascoltiamolo di nuovo mentre io ve lo ricordo. Marta ricorre all'ospite come ad un arbitro, depone ai piedi del giudice il reclamo con il quale si lamenta affettuosamente che la sorella l'abbia lasciata sola e abbia trascurato d'aiutarla nelle faccende faticose del suo servizio. Maria non risponde nulla, pur trovandosi lì presente, ma il Signore pronuncia la sentenza. Si direbbe ch'essa, per non interrompere il suo riposo, preferì affidare la propria discolpa al giudice e non volle affaticarsi nemmeno a preparare una risposta! Se infatti avesse preparato le parole di risposta, avrebbe allentato la tensione con cui ascoltava. Rispose dunque il Signore, lui che non si affaticava a parlare poiché egli era la Parola. Che disse dunque?Marta, Marta! La ripetizione del nome è un indizio dell'affetto che portava o forse un mezzo per eccitare in lei una maggiore attenzione; perché ascoltasse più attentamente fu chiamata due volte: Marta, Marta, ascolta: Tu sei occupata in troppe faccende, ma d'una sola cosa c'è bisogno, cioè una sola cosa è necessaria. Quell'opus non significa una sola opera, come se si trattasse d'una unica opera, ma opus est vuol dire "è d'uopo", "è utile", "è necessaria" l'unica opera ch'era stata scelta da Maria.
La sola cosa necessaria.
3. 4. Fissate dunque, o miei fratelli, il vostro pensiero su quest'unità e riflettete: nella molteplicità stessa delle cose vi piace qualcosa che non sia l'unità? Ecco, per grazia di Dio quanti siete qui radunati! Ma chi potrebbe sopportarvi se non aveste l'unità dei medesimi sentimenti? D'onde viene una così gran pace in un sì gran numero di persone? Ammettiamo che ci sia l'unità e ci sarà un popolo; sopprimiamola e non ci sarà che una turba. Che cos'è infatti una turba, se non una moltitudine turbata? Ma udite l'Apostolo: Io però vi scongiuro, fratelli. Parlava a molte persone, ma di tutte voleva fare una sola cosa. Ma io vi scongiuro, fratelli, che tutti diciate la medesima cosa e non ci siano tra voi divisioni ma siate completamente d'accordo: abbiate i medesimi sentimenti e le medesime convinzioni. E in un altro passo dice: Siate unanimi, abbiate i medesimi sentimenti, non fate nulla per invidia o per vanagloria. Anche il Signore, rivolto al Padre, dice dei suoi discepoli: Siano una sola cosa come anche noi siamo una sola cosa. Inoltre negli Atti degli Apostoli è detto: La comunità dei credenti era un'anima sola e un cuore solo. Magnificate dunque il Signore con me ed esaltiamo insieme il suo nome. Poiché una sola cosa è necessaria, l'unità celeste mediante la quale il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono una sola cosa. Vedete come ci viene raccomandata l'unità. Il nostro Dio è certamente la Trinità. Il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre, lo Spirito Santo non è né il Padre né il Figlio, ma lo Spirito di tutti e due; e tuttavia queste tre realtà non sono tre dèi, né tre onnipotenti, ma un solo Dio onnipotente, la stessa Trinità è un solo Dio; poiché una sola cosa è necessaria. Ma non potremo giungere a questa unità se, pur essendo molti, non avremo un cuor solo.
Buona l'occupazione di Marta, ma migliore quella di Maria.
4. 5. Buone sono le opere fatte a favore dei poveri, e soprattutto i servigi dovuti e le cure religiose per i fedeli servi di Dio. Sono servizi che si rendono per un dovere, non per un favore, poiché l'Apostolo afferma: Se noi abbiamo seminato per voi beni spirituali, è forse qualcosa di straordinario se raccogliamo da voi beni materiali?. Sono occupazioni buone, vi esortiamo a compierle e con la parola di Dio cerchiamo di farvi crescere nella carità: non siate riluttanti a ospitare i fedeli servi di Dio. Alle volte alcuni, senza sapere chi accoglievano, ospitarono degli angeli. Buone sono queste occupazioni; migliore tuttavia quella scelta da Maria; la prima infatti comporta l'affaccendarsi per necessità, la seconda apporta la dolcezza derivante dalla carità. Quando uno vuol rendere un servizio desidera far fronte all'impegno, ma alle volte non ci riesce; si va a cercare ciò che manca, si prepara ciò che si ha a portata di mano; ma l'animo è diviso e inquieto. Se infatti Marta avesse potuto bastare alla bisogna, non avrebbe chiesto l'aiuto della sorella. Le occupazioni sono molte e svariate; poiché sono materiali e temporali: anche se sono buone, sono transitorie. Che dice dunque il Signore a Marta?Maria si è scelta la parte migliore. Tu hai scelto la parte che non è cattiva, ma lei ha scelto quella migliore. Ascolta perché è migliore: perché nessuno gliela porterà via. A te sarà portato via un giorno il peso della necessità, mentre eterna è la dolcezza della verità. Non le sarà tolta la parte che si è scelta; non le sarà tolta ma accresciuta. In questa vita infatti le sarà aumentata, le sarà resa perfetta nell'altra vita, ma non le sarà tolta giammai.
Il servizio di Marta tende al riposo di Maria.
5. 6. Tu al contrario, o Marta, sia detto con tua buona pace, tu, già benedetta per il tuo encomiabile servizio, come ricompensa per questa tua fatica domandi il riposo. Ora tu sei occupata in molte faccende, vuoi ristorare dei corpi mortali, sia pure di persone sante, ma quando sarai giunta alla patria, vi troverai forse pellegrini da accogliere come ospiti? Vi troverai forse affamati cui spezzare il pane? Assetati cui dar da bere? Malati da visitare? Litigiosi da mettere d'accordo? Morti da seppellire? Lì non ci sarà nulla di tutto ciò. E allora che cosa ci sarà? Ciò che ha scelto Maria; lì saremo nutriti, non daremo da mangiare. Lassù quindi vi sarà completo e perfetto ciò che Maria ha scelto quaggiù; raccoglieva le briciole da quella ricca mensa, cioè dalla parola del Signore. Orbene, volete sapere quel che vi sarà lassù? Il Signore stesso afferma dei suoi servi: Io vi assicuro che li farà mettere a tavola e passerà lui stesso a servirli. "Stare a tavola" che vuol dire, se non stare in ozio, se non riposare? Che vuol dire: Passerà lui stesso a servirli? Prima passerà e così servirà. Ma dove? Nel banchetto celeste del quale dice: Io vi assicuro che molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e staranno a tavola con Abramo, con Isacco, e con Giacobbe nel regno dei cieli. Lassù il Signore ci ristorerà, ma prima passerà da questa terra. Come infatti sapete, "Pasqua" significa "passaggio". Il Signore è venuto, ha compiuto prodigi divini, ha sofferto patimenti umani. Viene ancora forse coperto di sputi? viene forse ancora schiaffeggiato? coronato di spine? flagellato? crocifisso? trafitto dalla lancia? È passato. Per conseguenza anche il Vangelo dice così quando il Signore fece la Pasqua con i suoi discepoli. Che dice il Vangelo? Essendo giunto il momento che Gesù doveva passare da questo mondo per tornare al Padre. Egli dunque è passato, per ristorarci: cerchiamo di seguirlo, per essere ristorati.