giovedì 14 luglio 2011

Il fattore umano




Oggi 14 luglio la Chiesa ricorda Camillo de Lellis (v. sotto), presbitero e fondatore della Compagnia dei Servi degli Infermi (Camilliani), il quale, come si legge nella sua biografia, "...considerava tanto vivamente la persona di Cristo negli infermi, che spesso quando dava loro da mangiare, immaginandosi che essi fossero il suo Signore, domandava loro la grazia e il perdono dei suoi peccati. Stava con tale riverenza dinanzi a loro come stesse proprio alla presenza del Signore".
La nostra Sanità è indubbiamente più efficiente di quella nella quale ha operato san Camillo de Lellis, però spesso considera il malato come una cifra, un numero, un codice o "qualcosa" su cui intervenire in maniera più o meno invasiva; senz'altro più efficiente sotto il profilo professionale.
Con un grave deficit umano, come dimostra l'approccio che di norma seguono pressocchè tutte le moderne legislazioni riguardo al tema della sofferenza, del dolore, della malattia e ovviamente della morte. Davanti al dio di questo mondo sempre si ragiona in termini rigorosi di costi e benefici... Come dimostra l'articolo di Isabella Bossi Fedrigotti che riporto di seguito. Dal Corriere della Sera di oggi.

"Malata in stato vegetativo, licenziata A una giovane donna di Bergamo, madre di quattro
figli e da sedici anni occupata come operaia nella medesima ditta, sono toccate due beffe:
quella assegnatale a sorpresa dalla vita— lo stato vegetativo in cui si può essere insieme vivi
ma anche morti— e quella degli uomini, spesso senza cuore.
Ci sono le beffe della vita per cui si può essere insieme vivi ma anche morti: stato vegetativo si
chiama la condizione perché il corpo mantiene le sue funzioni mentre lo spirito è perduto da
qualche parte, silente e assente, introvabile e irrecuperabile. E poi, come se non bastasse, ci
sono le beffe degli uomini, spesso altrettanto crudeli, accanite, senza cuore. Alla giovane
donna di Bergamo, madre di quattro figli e da sedici anni occupata come operaia nella
medesima ditta, sono toccate entrambe: quella assegnatale a sorpresa dalla vita e quella
aggiunta in sovrappiù dagli uomini.
Da un anno in coma, del quale ovviamente non si sa se sia reversibile o meno e che,
comunque, non ha impedito la nascita, a quattro mesi dall’inizio della crisi, del quarto figlio
perfettamente sano, la donna è stata licenziata — ecco la beffa aggiuntiva — per l’eccessivo
prolungarsi dell’assenza. E l’ineffabile motivazione— «la discontinuità della prestazione
lavorativa crea evidenti intralci all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al suo
regolare funzionamento, incidendo in modo sensibile sull’equilibrio dei rispettivi obblighi
contrattuali» — dà il resto.
Per il bene di tutti le aziende devono difendersi e sopravvivere, è ovvio, e si sa che in tempi di
crisi inevitabilmente gli spazi di attenzione al fattore umano si riducono. Ma considerando che i
costi della malattia ricadono quasi per intero sull’istituto di previdenza e non sul datore di
lavoro, è particolarmente sgradevole nella sua inutilità quel licenziamento di una dipendente di
lungo corso, proprio quando si è venuta a trovare in una condizione di assoluta, totale fragilità.
C’era forse da dare un esempio? C’era bisogno di un monito affinché a nessun altro operaio o
impiegato in futuro passi per la testa di ammalarsi in quello stesso modo misterioso e
inguaribile? La famiglia della sfortunata donna ha fatto causa e andrà come andrà.
Probabile è, però, che l’aver fatto la faccia feroce costerà all’azienda — per lo meno in
immagine— assai più di quanto le sarebbe costato mantenere — umanamente e, sì,
generosamente — la sua operaia in ruolo."

* * *
Camillo de Lellis (1550-1614), presbitero
Nel 1614 muore Camillo de Lellis, fondatore della Compagnia dei Servi degli infermi (Camilliani).
Camillo era nato nel 1550 a Bucchianico, nei pressi di Chieti, da una famiglia nobile; seguendo la tradizione paterna si era arruolato nell'esercito di Venezia prima e poi della Spagna, e conduceva una vita fortemente dissoluta. Nel 1582, tuttavia, ferito e ricoverato in ospedale, rimase sconvolto dal raccapricciante servizio prestato ai feriti, e iniziò a maturare l'idea di consacrare tutta la propria vita alla creazione di una compagnia di uomini i quali servissero i malati non per denaro, ma mossi soltanto dall'amore del Signore. Nel 1586 papa Sisto V approvò la creazione del nuovo ordine religioso.
Solo nel 1593 Camillo accettò l'ordinazione presbiterale, e malgrado i dissensi interni alla Congregazione, che lo costringeranno a rinunciare alla carica di ministro generale, egli continuò a servire con amore gli infermi fino all'ultimo giorno della sua vita.
TRACCE DI LETTURA
Camillo, quando ancora era libero da voti nell'ospedale di San Giacomo, si doleva di vedere che giunti gli agonizzanti nelle loro ultime agonie, erano abbandonati dai sacerdoti senza prestargli il debito aiuto che si conveniva in quell'ultimo loro affanno. Onde egli, per dar qualche rimedio a tanti mali, gli venne questo pensiero: che a tali inconvenienti non si sarebbe potuto rimediare in modo migliore che istituendo una congregazione di uomini pii e da bene, i quali avrebbero avuto per compito di aiutare e servire quei poveretti, non per denaro ma volontariamente e per amore d'Iddio (Dalla Vita di Camillo de Lellis).
PREGHIERA
Signore, tu hai fatto dono a san Camillo
di una sorprendente carità verso gli infermi:
infondi in noi lo Spirito del tuo amore,
e quando ti avremo servito nei nostri fratelli,
nell'ora della dipartita da questo mondo
potremo incamminarci verso di te nella pace.
Per il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te,
nell'unità dello Spirito santo,
per tutti i secoli dei secoli.

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Dalla lettera di san Camillo de Lellis al p. Ferrante Palma
(M. Vanti, Scritti di san Camillo, 1965, p. 332)
Beato chi vigila sul talento datogli dal Signore
Gli fo sapere che mi ritrovo in Genova, nel mio nido del santo ospedale, per grazia del mio Signore, che me ne fa la grazia e spero che me la darà per questi altri quattro giorni che mi restano di vita, Mi aiuti Vostra Riverenza con le sue orazioni.
Padre mio, non è tempo da perdere, né da dormire, chi si può salvare si salvi; non si tratta di poco: cielo e inferno, gloria e pena infinita, compagnia di Dio e degli angeli con tutto il resto dei beati; diversamente, compagnia di satana con tutti i diavoli e le anime dannate. Questo si vedrà in effetto quando verrà la morte; forse questa sera, o domani, quando piacerà al Signore.
Beati coloro che vigilano. Oli! felici i Ministri degli Infermi se spenderanno bene il talento dato loro dal Signore nel lavorare in questa sua santa vigna con una vita santa e buona, con ardente carità e misericordia verso i membri di Cristo. Oh! miseri noi se sotterreremo così buon talento.

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Dalla Vita del P. Camillo de Lellis, di Sanzio Cicatelli
(Edizione 1980, a cura di P. Piero Sannazzaro, P. 228)
Servire il Signore nei fratelli
Cominciando dalla santa carità, come radice di tutte le virtù e come dono a lui più familiare, dico che san Camillo fu così infiammato di questa santa virtù, non solo verso Iddio, ma anche verso il prossimo, e particolarmente verso gli infermi. La loro vista bastava da sola ad intenerirlo, a commuoverlo e a fargli dimenticare completamente ogni altra attrattiva o soddisfazione terrena. Quando serviva qualcuno di loro pareva struggersi di amore e compassione, e volentieri avrebbe preso sopra di sé ogni male per raddolcire il loro dolore e alleviarli dalle infermità. Considerava tanto vivamente la persona di Cristo negli infermi, che spesso quando dava loro da mangiare, immaginandosi che essi fossero il suo Signore, domandava loro la grazia e il perdono dei suoi peccati. Stava con tale riverenza dinanzi a loro come stesse proprio alla presenza del Signore.
Non parlava mai d'altro, né più spesso, né con maggior fervore, che della santa carità, e l'avrebbe voluta imprimere nel cuore di tutti gli uomini.
Per infiammare i suoi religiosi a questa santa virtù, soleva spesso ricordar loro le dolcissime parole di Gesù Cristo: « Ero malato e mi avete visitato » (Mt 25,36), le quali in verità pareva che gli fossero scolpite nel cuore, tante volte le diceva e ripeteva.
Camillo era uomo di tanta carità, che aveva pietà e compassione non solo verso gli infermi e i moribondi, ma anche in generale verso tutti gli altri poveri e miserabili.
Aveva il cuore pieno di tanta pietà verso i bisognosi, che soleva dire: Quando non si trovassero poveri nel mondo, gli uomini dovrebbero andare a cercarli e cavarli di sotto terra per far loro del bene e usar loro misericordia.