martedì 21 giugno 2011

Nobiltà padana





Luigi Gonzaga (1568-1591), religioso
L'estate comincia, nel Calendario romano, con la memoria di Luigi Gonzaga, testimone morto all'età di ventitré anni mentre prestava servizio ai malati di peste per le vie di Roma.
Luigi era nato nel 1568 a Castiglione delle Stiviere, presso Mantova, ed era il primogenito del marchese Ferrante Gonzaga, erede di una delle più note famiglie della nobiltà lombarda.
Il padre aveva cercato in ogni maniera di favorirne una prestigiosa carriera militare e politica, mandandolo alla corte del granduca di Toscana e quindi del re di Spagna, di cui Ferrante Gonzaga era divenuto nel frattempo il principale consigliere.
Ragazzo dal carattere austero e tormentato, Luigi trovò però la pace soltanto nell'adesione ferma e risoluta al cammino di povertà e di spoliazione tracciato da Cristo. A contatto con la corruzione e la spensieratezza degli ambienti mondani in cui era stato costretto a vivere, Luigi reagì con vigore, contestando nel nome dell'Evangelo e con metodi evangelici la società che lo circondava.
Ricevuto il dono di un'intensa vita di preghiera, e desideroso di consacrarsi totalmente ai servizi più umilianti, egli decise a diciassette anni, malgrado l'opposizione durissima del padre, di entrare nella Compagnia di Gesù.
Luigi rinunciò dunque ai titoli ereditari, e si recò a Roma presso il Collegio dei gesuiti per prepararsi ai voti e all'ordinazione presbiterale. Da quel momento sino alla morte, sopraggiunta dopo poco più di cinque anni, il giovane novizio dedicò tutto il tempo che i superiori gli concedevano al servizio dei malati, fino a consumarsi nell'amore per il prossimo, e a ritrovare il suo Signore, come egli stesso amava ripetere, nel più piccolo dei suoi fratelli bisognoso di sollievo.

TRACCE DI LETTURA
«Veramente», disse a uno dei suoi amici, «non so come fare; il padre rettore mi proibisce di pregare, temendo che dedicandomi all'orazione mi aumentino i mali di testa che da tempo mi tormentano; e io mi sento costretto a fare ancor più violenza a me stesso per distrarmi dal pensiero di Dio che per cercare di rimanere in esso, perché l'abitudine che ho maturato in tale santo esercizio me l'ha ormai reso naturale. E' in esso che io trovo riposo e tranquillità, e non mi affatico affatto. Tuttavia, farò ogni sforzo possibile per obbedire in modo più pieno a ciò che mi viene comandato» ... Ma più cercava di sfuggire a Dio per obbedienza, più Dio sembrava cercarlo per comunicarsi a lui ... Con grande umiltà, Luigi diceva allora a Dio: «Allontanati da me, Signore, allontanati da me» (Dalla Vita di san Luigi Gonzaga).
* * *

Dalla «Lettera alla madre» di san Luigi Gonzaga (Acta SS., giugno, 5, 878)
Io invoco su di te, mia signora, il dono dello Spirito santo e consolazioni senza fine. Quando mi hanno portato la tua lettera, mi trovano ancora in questa regione di morti. Ma facciamoci animo e puntiamo le nostre aspirazioni verso il cielo, dove loderemo Dio eterno nella terra dei viventi. Per parte mia avrei desiderato di trovarmici da tempo e, sinceramente, speravo di partire per esso già prima d'ora.
La carità consiste, come dice san Paolo, nel «rallegrarsi con quelli che sono nella gioia e nel piangere con quelli che sono nel pianto». Perciò, madre illustrissima, devi gioire grandemente perché, per merito tuo, Dio mi indica la vera felicità e mi libera dal timore di perderlo. Ti confiderò, o illustrissima signora, che meditando la bontà divina, mare senza fondo e senza confini, la mia mente si smarrisce. Non riesco a capacitarmi come il Signore guardi alla mia piccola e breve fatica e mi premi con il riposo eterno e dal cielo mi inviti a quella felicità che io fino ad ora ho cercato con negligenza e offra a me, che assai poche lacrime ho sparso per esso, quel tesoro che è il coronamento di grandi fatiche e pianto.
O illustrissima signora, guardati dall'offendere l'infinita bontà divina, piangendo come morto chi vive al cospetto di Dio e che con la sua intercessione può venire incontro alle tue necessità molto più che in questa vita.
La separazione non sarà lunga. Ci rivedremo in cielo e insieme uniti all'autore della nostra salvezza godremo gioie immortali, lodandolo con tutta la capacità dell'anima e cantando senza fine le sue grazie. Egli ci toglie quello che prima ci aveva dato solo per riporlo in un luogo più sicuro e inviolabile e per ornarci di quei beni che noi stessi sceglieremmo.
Ho detto queste cose solo per obbedire al mio ardente desiderio che tu, o illustrissima signora, e tutta la famiglia, consideriate la mia partenza come un evento gioioso. E tu continua ad assistermi con la tua materna benedizione, mentre sono in mare verso il porto di tutte le mie speranze. Ho preferito scriverti perché niente mi è rimasto con cui manifestarti in modo più chiaro l'amore ed il rispetto che, come figlio, devo alla mia madre.


PREGHIERA
Concedi, o Signore,
che seguendo l'esempio di san Luigi Gonzaga
partecipiamo al banchetto celeste
rivestiti dell'abito nuziale,
per ricevere l'abbondanza dei tuoi doni.
Per Cristo nostro Signore.