mercoledì 25 maggio 2011

Per quei soliti stramaledetti 30 denari

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 Riporto da "La Bussola Quotidiana" di oggi 25 maggio, a firma di Riccardo Cascioli.

Quando si leggono interviste a sacerdoti come quella a don Paolo Farinella, pubblicata domenica scorsa su L’Unione Sarda, ci si chiede davvero se in Italia, parlando di preti, il problema più grave sia la pedofilia. Intendiamoci bene: quello degli abusi sui minori da parte di alcuni preti è davvero – come diceva il cardinale Bagnasco lunedì aprendo i lavori dell’Assemblea dei vescovi italiani – “un’infame emergenza non ancora superata, la quale causa danni incalcolabili a giovani vite e alle loro famiglie” e in nessun modo è lecito minimizzare o ridurre la portata e gravità della faccenda. Ma qui almeno la Chiesa è corsa ai ripari, sta agendo da anni per porre riparo ai danni provocati e prevenire quelli possibili. E abbiamo visto, numeri alla mano, che la cura Ratzinger funziona, anche se molto c’è ancora da fare.

Ma questo non ci deve portare a sottovalutare un altro grave “scandalo” che sta minando la credibilità della Chiesa italiana: quello dei preti in “libera uscita” che frequentano i salotti tv e riempiono pagine di giornali con le loro scempiaggini e creazioni teologiche, creando grave confusione anche tra i fedeli. E questo senza che ci sia almeno l’intervento chiarificatore di un vescovo, che spieghi almeno a che titolo parlano questi signori.

Dicevamo all’inizio di don Farinella, un prete della diocesi di Genova già noto per le sue sparate contro la Chiesa: nella lunga intervista citata, in cui si fa presentare come "fine biblista" e a cui viene dedicato un titolo in prima pagina contro la beatificazione di Giovanni Paolo II (definita “un’operazione di marketing”), fa delle affermazioni gravissime sia in materia sociale sia in materia di fede: oltre alle solite stupidaggini sull’Italia governata dal cardinale Bertone, segretario di Stato vaticano, e dal cardinale Bagnasco, presidente dei vescovi italiani ma anche suo arcivescovo, invita addirittura all’insurrezione contro Berlusconi citando la Populorum Progressio di Paolo VI, e attribuisce il dramma della pedofilia al celibato ecclesiastico, cosa che ben sappiamo essere smentita dai fatti. Poi accusa di smania di potere i suoi confratelli: “Se togliessero ai sacerdoti la gestione economica delle parrocchie, almeno due terzi abbandonerebbero l’abito talare”. Quell’abito talare che lui ovviamente non porta: “Perché dovrei travestirmi da donna?”. E siccome parla con il giornale di Cagliari si premura di riservare un pensierino anche al vescovo locale: “Se Gesù tornasse in terra sono sicuro che non andrebbe dal vostro vescovo, Giuseppe Mani che, nelle vesti di ordinario militare, è perfino generale di Corpo d’Armata”. E infine, tralasciando altre amenità, si descrive così: “Dentro di me convive il credente e il miscredente. Sono relativista… Dio è relativo e non assoluto…”.

Sicuramente è materia più per psicologi che non per teologi, però questo caso non è unico. Il suo confratello della diocesi di Genova, don Andrea Gallo, lanciato dal Maurizio Costanzo show è diventato una star, regolarmente presente in tv, radio e giornali. Ricordiamo anche le recenti polemiche per l’apparizione in tv di don Giorgio De Capitani che giustificava l’eliminazione fisica di Berlusconi. O il caso di don Vitaliano della Sala, attivista no global assieme a qualche missionario a cui non vogliamo fare altra pubblicità. Si potrebbe continuare ancora aggiungendo anche coloro – vescovi compresi - che, pur da posizioni ecclesiali ben diverse e sicuramente non eterodosse, non appena si trovano davanti un microfono sembrano perdere il lume della ragione e si lanciano in affermazioni di cui non si sente affatto la necessità.

Si dirà che si tratta comunque di pochi casi, che non rappresentano certo tutti i sacerdoti italiani. Ed è vero: ma la loro sovraesposizione nei media e la loro capacità di impatto, crea anch’essa “danni incalcolabili” all’immagine e alla credibilità della Chiesa, aumenta la già abbondante confusione sugli insegnamenti della Chiesa, rafforzati anche dalla totale assenza di chi avrebbe l’autorità per intervenire e non lo fa : “Se nessuno gli dice niente vuol dire che va bene”, è il commento di buon senso della gente comune. E anche di altri sacerdoti che sono tentati di seguirne le orme.

Non è che siamo qui a invocare misure disciplinari, e ci rendiamo ben conto che la gestione di certi casi è difficile, ma fare finta di nulla è certamente la strada peggiore. E se proprio non si riesce a fare altro, invece di moltiplicare incontri e documenti sull’uso dei mezzi di comunicazione sociale, i vescovi italiani imparino da questo manipolo di preti come si fa a far passare efficacemente un messaggio. Così magari in un prossimo futuro, ascoltando un prete in tv, avremo la possibilità di sentirci confermati nel fatto che a salvarci è Gesù Cristo e non Nicki Vendola.