lunedì 9 maggio 2011

L'annuncio del Vangelo 7: la Riconciliazione

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L'annuncio del Vangelo è azione primigenia e iniziale, necessaria ma NON sufficiente: deve proseguire in un rinnovamento costante ed integrale della vita dei destinatari. Propongo ora di meditare su questo esito antropologico della missione assumendo da Paolo la categoria della "riconciliazione".
Riconciliazione è parola che nel N.T. si trova solo in Paolo e neppure con grande frequenza. Non appartiene quindi al fondo primitivo dell'annuncio, ma alla riflessione teologica dell'Apostolo. Innegabilmente però indica un tema di grande rilievo, in quanto evoca in un solo concetto due punti essenziali della predicazione primitiva: la "salvezza" come dono di Dio, e la "conversione", come avvenimento interiore dell'uomo indispensabile perchè la salvezza si attualizzi.
Il significato originario e comune del vocabolo è intuitivo: "ricondurre in pace", "rimettere in accordo". Paolo stesso l'adopera con questo contenuto quando chiarisce che cosa i cristiani debbano pensare del divorzio: "Agli sposati ordino, non io ma il Signore: la moglie non si separi dal marito, e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili col marito" (1Cor.7, 10-11).
La novità di Paolo sta nell'aver assunto questa parola per indicare l'evento fondamentale della storia, cioè la salvezza dell'uomo operata da Dio in Cristo.
Testo fondamentale:

"Se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove.
Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione.
È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.
Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor.5, 17-20).


La frequenza del vocabolo (5 volte in poche righe) rivela chiaramente l'importanza che assume per Paolo. In questo testo appaiono anche le particolarità dell'uso teologico della parola rispetto a quello comune. E cioè:
- Non si dice che noi e Dio ci siamo riconciliati, ma che Dio ci ha riconciliati. Questa costruzione, che è strana e dura, chiarisce bene che l'iniziativa è di Dio. Non è un "concordato" o un trattato di pace: è un venirci a prendere. Noi eravamo "nemici", "empi", "peccatori" e adesso siamo stati fatti rientrare nelle buone relazioni con Dio. Non è dunque un "non parliamone più"; o "tutti abbiamo i nostri torti"; o "guardiamo a ciò che ci unisce e non a ciò che ci divide". Dio "ci riconcilia" rispettando la verità; e la verità è che il torto è solo nostro, e perciò noi dobbiamo "lasciarci riconciliare".
- Non è Dio a cambiarsi; cambiamo noi sotto la Sua azione. Anzi,la trasformazione è radicale, tocca il nostro essere, non solo il nostro pensare e il nostro agire: è una "nuova creazione".
- Nell'opera di riconciliazione, Dio non vuole restare da solo, ma vuole associarsi degli uomini. Per Paolo chiaramente questi uomini sono coloro che sono stati incaricati del ministero apostolico, il "ministero della riconciliazione". Agli apostoli è affidata la Parola della Riconciliazione; perciò essi sono i banditori, gli ambasciatori di Dio di fronte alla comunità cristiana e all'intera umanità.
- La riconciliazione avviene "in Cristo": "Siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio Suo" (Rm. 5,10). Il sacrificio di Gesù sta dunque al centro di questo rinnovamento dei rapporti tra gli uomini e Dio; anzi, la sua efficacia è così grande da avere una dimensione cosmica e riguardare tutti gli esseri, anche quelli invisibili.
Altro testo fondamentale:

"Piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza
e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (Col.1, 19-20).

Come si vede, il concetto di riconciliazione nel N.T. si riferisce sostanzialmente ad un rinnovamento dei rapporti con Dio. Un rinnovamento dei rapporti con gli uomini, considerato per se stesso e senza il richiamo esplicito al rapporto con Dio, è fuori da questa prospettiva. Tuttavia è chiaro che la riconciliazione implica come logica conseguenza un rinnovamento dei rapporti degli uomini tra di loro. Questo naturale "contraccolpo" (la estensione orizzontale) della riconciliazione è dedotta dallo stesso Paolo nella lettera agli Efesini. Terzo testo fondamentale:

"Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia,
annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito" (Ef. 2, 14-18).


In questo testo tutti e due i popoli, l'ebreo e il pagano, devono cambiare, perchè tutti e due sono "sotto il peccato". Sarebbe assolutamente estraneo alla prospettiva di Paolo e contrario alla verità delle cose un annuncio di riconciliazione tra l'umanità rinnovata e l'umanità che è nella vecchiezza della colpa, tra la nuova creazione e il mondo irredento, che lasci tutto nella condizione di partenza.