mercoledì 13 aprile 2011

Meditatio mortis: Antonio il Grande

Argimusco HDR 01

Per questi ultimi giorni di Quaresima, vorrei proporre qualche breve pensiero della Tradizione cristiana sull'ora della nostra morte.
Fin dai primissimi secoli, per i cristiani, il ricordo della morte è destinato non solo a far prendere coscienza dell'urgenza della conversione, ma anche a sviluppare il timore di Dio, ed è legato alla meditazione sul Giudizio finale, dunque alla virtù della penitenza; soprattutto è una partecipazione alla morte di Cristo.


Per non rilassarsi mai nell'ascesi, è opportuno riflettere sul detto dell'Apostolo che dice: "Muoio ogni giorno" (cfr. 1Cor.15,31: "Ogni giorno io affronto la morte"). Se anche noi vivremo ogni giorno come se dovessimo morire, non peccheremo.

Consapevole di essere ormai giunto alla fine della sua vita terrena, Antonio si reca per l'ultima volta a far visita ai monaci, e nel suo ultimo discorso li esorta a non cedere mai nelle fatiche, a non scoraggiarsi negli esercizi spirituali, ma a vivere come se dovessero morire ogni giorno. Ritornato alla sua dimora, Antonio confida apertamente ai suoi due discepoli - che lo assistevano da 15 anni - che si sta per incamminare nella via dei suoi padri, e li esorta con queste bellissime parole: "Respirate sempre Cristo e credete in Lui, vivete come se doveste morire ogni giorno e facendo attenzione a voi stessi".
Per i monaci infatti l'attenzione a se stessi - che ritorna spesso nella Bibbia - non è uno sterile ripiegamento sul proprio io, ma è una perseverante vigilanza sul proprio cuore per discernere la volontà di Dio. Si tratta di una concentrazione continua sul momento presente, vivendo costantemente alla presenza di Dio.