domenica 17 aprile 2011

Meditatio mortis: la "Regula Benedicti".

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La Regola di san Benedetto tratta del pensiero della morte nel versetto 47 del capitolo quarto, dedicato agli strumenti delle buone opere: Mortem cotidie ante oculos suspectam habere-

“non viene suggerito al monaco soltanto di pensare alla morte ogni giorno, ma di pensarvi come ad un avvenimento suscettibile di prodursi oggi stesso (...). Parafrasando un po’, si potrebbe tradurre questo strumento delle buone opere: ‘Avere ogni giorno davanti agli occhi la morte, sospettando che voglia arrivare il giorno stesso’” ( De Voguè).

Per Benedetto la venuta della morte non è solo da temere, come se fosse un ladro che arriva all’improvviso. “(…) se la morte è un passaggio verso la vita eterna, e deve essere ‘desiderata con tutto il nostro desiderio spirituale’, allora la morte partecipa al carattere desiderabile di ciò che la segue”.

Scrive Gregorio Magno che san Benedetto “amava la morte, come ingresso nella vita e ricompensa delle fatiche, mentre quasi tutti gli uomini la ritengono un castigo” (Gregorio magno, Dialoghi I, Prologo 3. Siamo qui di fronte a un atteggiamento interamente positivo e fiducioso nei confronti della morte: tale prospettiva “è in contrasto con la nota ansiosa di molti testi monastici (…)”.



“Nella vasta tradizione che raccomanda il pensiero della morte, questo appare come un mezzo al servizio di un doppio fine: distogliere l’anima dal peccato e liberarla dalle passioni. Luce sulla vita, la morte è la grande educatrice dei vivi. Essa insegna il senso della vita, dimostrando la piccolezza e la precarietà della relazioni di cui è intessuta la nostra esistenza: in un istante, tutto sarà spezzato. Così essa disvela all’uomo la sua grandezza. Liberandoci da queste relazioni passeggere, la prospettiva della morte ci ricorda il nostro destino trascendente".