sabato 2 aprile 2011

Dio ama chi dona con gioia!

clandestini Lampedusa: Avvistati altri tre barconi con profughi

Riporto i testi della messa di oggi, sabato 2 aprile, con un testo di san Gregorio Nazianzeno ("Servire Cristo nei poveri), che mi sembra particolarmente attuale in questi giorni...

Antifona d'ingresso
Anima mia, benedici il Signore,
non dimenticare tanti suoi benefici:
egli perdona tutte le tue colpe. (Sal 103,2-3)

Colletta
O Dio, nostro Padre,
che nella celebrazione della Quaresima
ci fai pregustare la gioia della Pasqua,
donaci di approfondire e vivere
i misteri della redenzione
per godere la pienezza dei suoi frutti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Os 6,1-6)
Voglio l’amore e non il sacrificio.
Dal libro del profeta Osèa

«Venite, ritorniamo al Signore:
egli ci ha straziato ed egli ci guarirà.
Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà.
Dopo due giorni ci ridarà la vita
e il terzo ci farà rialzare,
e noi vivremo alla sua presenza.
Affrettiamoci a conoscere il Signore,
la sua venuta è sicura come l’aurora.
Verrà a noi come la pioggia d’autunno,
come la pioggia di primavera che feconda la terra».
Che dovrò fare per te, Èfraim,
che dovrò fare per te, Giuda?
Il vostro amore è come una nube del mattino,
come la rugiada che all’alba svanisce.
Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti,
li ho uccisi con le parole della mia bocca
e il mio giudizio sorge come la luce:
poiché voglio l’amore e non il sacrificio,
la conoscenza di Dio più degli olocàusti.
Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 50)
Rit: Voglio l’amore e non il sacrificio.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocàusti, tu non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.

Nella tua bontà fa’ grazia a Sion,
ricostruisci le mura di Gerusalemme.
Allora gradirai i sacrifici legittimi,
l’olocàusto e l’intera oblazione.

Canto al Vangelo (Sal 94,8)
Gloria e lode a te, o Cristo!
Oggi non indurite il vostro cuore,
ma ascoltate la voce del Signore.
Gloria e lode a te, o Cristo!

VANGELO (Lc 18,9-14)
Il pubblicano tornò a casa giustificato, a differenza del fariseo.
+ Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo
(Disc. 14 sull'amore ai poveri, 38, 40; PG 35, 907. 910)
Serviamo Cristo nei poveri
Afferma la Scrittura: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5, 7). La misericordia non ha l'ultimo posto nelle beatitudine. Osserva ancora: Beato l'uomo che ha cura del misero e del povero (cfr. Sal 40, 2) e parimenti: Buono è colui che è pietoso e dà in prestito (cfr. Sal 111, 5). In un altro luogo si legge ancora: Tutto il giorno il giusto ha compassione e dà in prestito (cfr. Sal 36, 26). Conquistiamoci la benedizione, facciamo in modo di essere chiamati comprensivi, cerchiamo di essere benevoli. Neppure la notte sospenda i tuoi doveri di misericordia. Non dire: «Ritornerò indietro e domani ti darò aiuto». Nessun intervallo si interponga fra il tuo proposito e l'opera di beneficenza. La beneficenza, infatti, non consente indugi. Spezza il tuo pane all'affamato e introduci i poveri e i senza tetto in casa tua (cfr. Is 58, 7) e questo fallo con animo lieto e premuroso. Te lo dice l'Apostolo: Quando fai opere di misericordia, compile con gioia (cfr. Rm 12, 8) e la grazia del beneficio che rechi ti sarà allora duplicata dalla sollecitudine e tempestività. Infatti ciò che si dona con animo triste e per costrizione non riesce gradito e non ha nulla di simpatico.
Quando pratichiamo le opere di misericordia, dobbiamo essere lieti e non piangere: «Se allontanerai da te la meschinità e le preferenze», cioè la grettezza e la discriminazione come pure le esitazioni e le critiche, la tua ricompensa sarà grande. «Allora la tua luce sorgerà come l'aurora e la tua ferita si rimarginerà presto» (Is 58, 8). E chi è che non desideri la luce e la santità?
Perciò, o servi di Cristo, suoi fratelli e coeredi, se ritenete che la mia parola meriti qualche attenzione, ascoltatemi: finché ci è dato di farlo, visitiamo Cristo, curiamo Cristo, alimentiamo Cristo, vestiamo Cristo, ospitiamo Cristo, onoriamo Cristo non solo con la nostra tavola, come alcuni hanno fatto, né solo con gli unguenti, come Maria Maddalena, né soltanto con il sepolcro, come Giuseppe d'Arimatea, né con le cose che servono alla sepoltura, come Nicodemo, che amava Cristo solo per metà, e neppure infine con l'oro, l'incenso e la mirra, come fecero, già prima di questi nominati, i Magi. Ma, poiché il Signore di tutti vuole la misericordia e non il sacrificio, e poiché la misericordia vale più di migliaia di grassi agnelli, offriamogli appunto questa nei poveri e in coloro che oggi sono avviliti fino a terra. Così quando ce ne andremo di qui, verremo accolti negli eterni tabernacoli, nella comunione con Cristo Signore, al quale sia gloria nei secoli. Amen.




Di seguito una omelia del p. Cantalamessa.

IL FARISEO E IL PUBBLICANO


Il Vangelo di oggi ci presenta la parabola del fariseo e del pubblicano. Chi in questa domenica va in chiesa sentirà fare un commento più o meno di questo tipo. Il fariseo rappresenta il benpensante che si sente a posto con Dio e con gli uomini e guarda con disprezzo il prossimo. Il pubblicano è la persona che ha sbagliato, però lo riconosce e ne chiede umilmente perdono a Dio; non pensa di salvarsi per i meriti propri ma per la misericordia di Dio. La scelta di Gesú tra queste due persone non lascia dubbi, come indica il finale della parabola: quest'ultimo va a casa giustificato, cioè perdonato, riconciliato con Dio; il fariseo torna a casa come ne era uscito: tenendosi stretta la sua giustizia, ma perdendo quella di Dio.
A forza di sentirla, e di ripeterla io stesso, questa spiegazione però ha cominciato a lasciarmi insoddisfatto. Non che essa sia errata, ma non risponde più ai tempi. Gesú diceva le sue parabole per la gente che l'ascoltava in quel momento. In una cultura satura di fede e religiosità come quella della Galilea e Giudea del tempo, l'ipocrisia consisteva nell'ostentare osservanza della legge e santità, perché queste erano le cose che attiravano il plauso.
Nella nostra cultura secolarizzata e permissiva, i valori sono cambiati. Ciò che si ammira e apre la strada al successo è piuttosto il contrario di una volta: è il rifiuto delle norme morali tradizionali, l'indipendenza, la libertà dell'individuo. Per i farisei la parola d'ordine era "osservanza" delle norme; per molti oggi la parola d'ordine è "trasgressione". Dire di un autore, di un libro o di uno spettacolo che è "trasgressivo" è fargli uno dei complimenti più ambiti.
In altre parole, oggi dobbiamo rovesciare i termini della parabola, per salvaguardarne l'intento originale. I pubblicani di ieri sono i nuovi farisei di oggi! Oggi è il pubblicano, il trasgressore, che dice a Dio: "Ti ringrazio, Signore, che non sono come quei farisei dei credenti, ipocriti e intolleranti, che si preoccupano del digiuno, ma nella vita sono peggiori di noi". Pare che ci sia anche chi prega paradossalmente così: "Ti ringrazio, o Dio, che sono un ateo!"
La Rochefoucauld diceva che l'ipocrisia è il tributo che il vizio paga alla virtù. Oggi essa è spesso il tributo che la virtù paga al vizio. Si tende infatti, specie da parte dei giovani, a mostrarsi peggiori e più spregiudicati di quello che si è, per non sembrare da meno degli altri.
Una conclusione pratica, valida sia nell'interpretazione tradizionale accennata all'inizio che in quella sviluppata qui, è questa. Pochissimi (forse nessuno) sono o sempre dalla parte del fariseo, o sempre dalla parte del pubblicano, cioè giusti in tutto o peccatori in tutto. I più abbiamo un po' dell'uno e un po' dell'altro. La cosa peggiore sarebbe comportarci come il pubblicano nella vita e come il fariseo nel tempio. I pubblicani erano dei peccatori, uomini senza scrupoli che mettevano il denaro e gli affari al di sopra di tutto; i farisei, al contrario, erano, nella vita pratica, molto austeri e osservanti della Legge. Noi somigliamo, dunque, al pubblicano nella vita e al fariseo nel tempio, se, come il pubblicano, siamo dei peccatori e, come il fariseo, ci crediamo giusti.
Se proprio dobbiamo rassegnarci ad essere un po' l'uno e un po' l'altro, allora che sia almeno il rovescio: farisei nella vita e pubblicani nel tempio! Come il fariseo, cerchiamo di non essere nella vita ladri e ingiusti, di osservare i comandamenti e pagare le tasse; come il pubblicano, riconosciamo, quando siamo al cospetto di Dio, che quel poco che abbiamo fatto è tutto dono suo ed imploriamo, per noi e per tutti, la sua misericordia.