giovedì 7 aprile 2011

Digiuno e preghiera.

Digiuno pane e acqua
Un contadino sprovveduto che, dopo aver lavorato a lungo la propria terra, non vi getta il seme, ha faticato a proprio danno. Così anche noi: se abbiamo ridotto in schiavitù la nostra carne con molta vigilanza, ma non vi abbiamo seminato la preghiera, abbiamo faticato a nostro danno.
Ma forse qualcuno dirà: "Se la giustizia consiste nella preghiera, qual'è l'utilità del digiuno?". Grande, da ogni punto di vista. Avviene come ad un povero contadino che ha seminato in una terra incolta senza averla dissodata; in luogo di grano essa produrrà spine. Così anche noi, se non mortifichiamo la nostra carne con il digiuno prima di deporvi la preghiera, invece della giustizia raccoglieremo peccati. La carne infatti trae origine da questa terra e se essa non viene curata al pari della terra, non farà mai germogliare un frutto di giustizia. Ciò che diciamo non intende frenare quelli che vogliono aiutarsi con il digiuno, ma incoraggiare quelli che non vogliono subirne danno. Come infatti il digiuno è di aiuto a quelli che lo affrontano con ponderatezza, così è nocivo a quanti vi si avvicinano sconsideratamente. Quanti dunque hanno cura che sia loro utile devono stare in guardia dagli eventuali danni che può arrecare, cioè dalla vanagloria che esso desta. Anche il pane che mangeremo alla fine del digiuno che ci siamo imposti, dobbiamo spartirlo lungo i diversi giorni di digiuno; in questo modo, prendendo ogni giorno un pezzetto di pane, metteremo a tacere il sentire della carne e otterremo un cuore saldo pronto a farci pregare più vantaggiosamente. E così, per la potenza di Dio, saremo custoditi da ogni orgoglio e vivremo nell'umiltà tutti i giorni della nostra vita, quell'umiltà senza la quale nessuno può vedere Dio.
Marco il Monaco, Il digiuno 3