martedì 9 novembre 2010

Dedicazione


http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/d4/Basilica_di_San_Giovanni_in_Laterano_-_Facade.jpg/300px-Basilica_di_San_Giovanni_in_Laterano_-_Facade.jpg

Abbiamo celebrato oggi la dedicazione della Basilica Lateranense, la madre di tutte le chiese dell'Urbe e dell'Orbe, segno di amore e di unione verso la cattedra di Pietro, che, secondo sant'Ignazio di Antiochia, "presiede a tutta l'assemblea della carità". L'antifona al Benedictus diceva: "Zaccheo, scendi subito, OGGI devo fermarmi a casa tua". Scese e accolse il Signore con grande gioia. "OGGI la salvezza è entrata in questa casa", alleluja".
Dai "Discorsi" di sant'Agostino, vescovo: "Noi stessi siamo casa di Dio. Veniamo costruiti in questo mondo e saremo dedicati solennemente alla fine dei secoli. La casa, o meglio la costruzione, richiede fatica. La dedicazione, invece, avviene nella gioia".
Dai "Discorsi" di san Cesario di Arles, vescovo: "Se riflettiamo sulla salvezza della nostra anima, non avremo difficoltà a comprendere che siamo il vero e vivo tempio di Dio. Dio non dimora in edifici costruiti dalle mani degli uomini (cfr. At.17,24), o in case fatte di legno o di pietra, ma soprattutto nell'anima creata a sua immagine per mano dello stesso autore delle cose. Il grande apostolo Paolo ha detto: "Santo è il tempio di Dio che siete voi" (1Cor.3,17). Poichè Cristo con la sua venuta ha scacciato il diavolo dal nostro cuore per prepararsi un tempio dentro di noi, facciamo quanto è in nostro potere perchè questo tempio non abbia a subire alcun danno a causa dei nostri peccati".
L'antifona al primo salmo delle Lodi diceva: "Una casa di preghiera sarà la mia casa".
Dal Salmo 83: "Quanto sono amabili le tue dimore, Dio dell'universo! L'anima mia anela e brama il tempio del Signore. (...) Beato chi abita la tua casa: sempre canterà le tue lodi."

* * *

Di seguito la genesi di questa festa e la seconda lettura dell'Ufficio.

Il palazzo del Laterano, proprietà della famiglia imperiale, diventò nel secolo IV abitazione ufficiale del Papa. La basilica adiacente, dedicata al divin Salvatore, fu la prima cattedrale del mondo: vi si celebravano specialmente i battesimi nella notte di Pasqua. Dedicata poi anche ai due santi Giovanni, Battista ed Evangelista, per molto tempo fu considerata la Chiesa-madre di Roma e ospitò le sessioni di cinque grandi Concili ecumenici.
Le Chiese di tutto il mondo, unendosi oggi alla Chiesa di Roma, le riconoscono la « presidenza della carità » di cui parlava già sant’Ignazio di Antiochia. Similmente avviene per la festa della Dedicazione della chiesa cattedrale di ogni diocesi, alla quale sono «legate» tutte le parrocchie e le comunità che ne dipendono. In ogni edificio-chiesa dedicato a Dio si celebra quel «mistero di salvezza» che opera meraviglie in Maria, negli Angeli e nei Santi. Quella di oggi è una festa del «Signore». Il Verbo, facendosi carne, ha piantato la sua tenda fra noi (cf Gv 1,14). Cristo risorto è presente nella sua Chiesa: ne è il Capo. Le chiese in muratura sono un segno di questa presenza di Cristo: è lui che ivi parla, dà se stesso in cibo, presiede la comunità raccolta in preghiera, «rimane» con noi per sempre (SC 7).

Il Cenacolo, le basiliche paleocristiane, le cattedrali del Medioevo, gli edifici sacri del rinascimento o del barocco, le architetture religiose moderne sono sempre «qualificate a dimensione d’uomo»: in ogni tempo la comunità ha proiettato nella struttura dei suoi edifici l’immagine di sé. E non le sono mai mancate le pietre vive per la costruzione del tempio spirituale di cui il Risorto è pietra d’angolo. «Il tempio come figura della Chiesa (cf LG 6) è un richiamo alla comunità e alla comunione. Come un edificio non potrebbe stare in piedi se tutti i materiali di cui è composto non fossero tenuti saldamente insieme in forza dei progetto elaborato dall’architetto ed eseguito dai costruttori, così tutti i membri della Chiesa, «comunità di fede, di speranza e di carità» (LG 8). debbono vivere e operare in una sincera e costante solidarietà e comunione».
Con il battesimo siamo tutti diventati tempio di Dio
Dai «Discorsi» di san Cesario di Arles, vescovo (Disc. 229, 1-3; CCL 104,905-908)
Con gioia e letizia celebriamo oggi, fratelli carissimi, il giorno natalizio di questa chiesa: ma il tempio vivo è vero di Dio dobbiamo esserlo noi. Questo è vero senza dubbio. Tuttavia i popoli cristiani usano celebrare la solennità della chiesa matrice, poiché sanno che è proprio in essa che sono rinati spiritualmente.
Per la prima nascita noi eravamo coppe dell'ira di Dio; secondo nascita ci ha resi calici del suo amore misericordioso. La prima nascita ci ha portati alla morte; la seconda ci ha richiamati alla vita. Prima del battesimo tutti noi eravamo, o carissimi, tempio del diavolo. Dopo il battesimo abbiamo meritato di diventare tempio di Cristo. Se riflettiamo un pò più attentamente sulla salvezza della nostra anima, non avremo difficoltà a comprendere che siamo il vero e vivo tempio di Dio. «Dio non dimora in
templi costruiti dalle mani dell'uomo» (At 17, 24), o in case fatte di legno e di pietra, ma soprattutto nell'anima creata a sua immagine per mano dello stesso Autore delle cose. Il grande apostolo Paolo ha detto: «Santo è il tempio di Dio che siete voi» (1 Cor 3, 17). Poiché Cristo con la sua venuta ha cacciato il diavolo dal nostro cuore per prepararsi un tempio dentro di noi, cerchiamo di fare, col suo aiuto, quanto è in nostro potere, perché questo tempio non abbia a subire alcun danno per le nostre cattive azioni. Chiunque si comporta male, fa ingiuria a Cristo. Prima che Cristo ci redimesse, come ho già detto, noi eravamo abitazione del diavolo. In seguito abbiamo meritato di diventare la casa di Dio, solo perché egli si è degnato di fare di noi la sua dimora.
Se dunque, o carissimi, vogliamo celebrare con gioia il giorno natalizio della nostra chiesa, non dobbiamo distruggere con le nostre opere cattive il tempio vivente di Dio. Parlerò in modo che tutti mi possano comprendere: tutte le volte che veniamo in chiesa, riordiniamo le nostre anime così come vorremmo trovare il tempio di Dio. Vuoi trovare una basilica tutta splendente? Non macchiare la tua anima con le sozzure del peccato. Se tu vuoi che la basilica sia piena di luce, ricordati che anche Dio vuole che nella tua anima non vi siano tenebre. F
a' piuttosto in modo che in essa, come dice il Signore, risplenda la luce delle opere buone, perché sia
glorificato colui che sta nei cieli. Come tu entri in questa chiesa, così Dio vuole entrare nella tua anima. Lo ha affermato egli stesso quando ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò (cfr. Lv 26, 11.12).


MESSALE


(Quando ricorre di domenica, si proclamano le tre letture qui indicate e si dice il CREDO; altrimenti si sceglie come prima lettura una delle due che precedono il Vangelo).
Antifona d'Ingresso
Ap 21,2
Vidi la città santa, la nuova Gerusalemme,
scendere dal cielo, da Dio,
preparata come una sposa adorna per il suo sposo.


Colletta

O Padre, che prepari il tempio della tua gloria con pietre vive e scelte, effondi sulla Chiesa il tuo Santo Spirito, perché edifichi il popolo dei credenti che formerà la Gerusalemme del cielo. Per il nostro Signore...

Oppure:
O Dio, che hai voluto chiamare tua Chiesa la moltitudine dei credenti, f
a'che il popolo radunato nel tuo nome ti adori, ti ami, ti segua, e sotto la tua guida giunga ai beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio ...

Oppure:
O Dio, che hai voluto chiamare tua Chiesa la moltitudine dei credenti, f
a'che il popolo radunato nel tuo nome ti adori, ti ami, ti segua, e sotto la tua guida giunga ai beni da te promessi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio ...


LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Ez 47,1-2.8-9.12 Vidi l'acqua che usciva dal tempio, e a quanti giungeva quest'acqua portò salvezza.

Dal libro del profeta Ezechiele
In quei giorni, [ un uomo, il cui aspetto era come di bronzo, ] mi condusse all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro.
Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Àraba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».


Salmo Responsoriale
Dal Salmo 45
Un fiume rallegra la città di Dio.
Dio è per noi rifugio e fortezza,
aiuto infallibile si è mostrato nelle angosce.
Perciò non temiamo se trema la terra,
se vacillano i monti nel fondo del mare.

Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio,
la più santa delle dimore dell’Altissimo.
Dio è in mezzo a essa: non potrà vacillare.
Dio la soccorre allo spuntare dell’alba.

Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro baluardo è il Dio di Giacobbe.
Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto cose tremende sulla terra.

Seconda Lettura 1 Cor 3,9c-11.16-17 Voi siete il tempio di Dio.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, voi siete edificio di Dio.
Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.
Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.


Canto al Vangelo
2Cr 7,16
Alleluia, alleluia.

Ecco, è giunto il tempo in cui i veri adoratori
adoreranno il Padre in spirito e verità.
Oppure:
Io mi sono scelto e ho consacrato questa casa
perché il mio nome vi resti sempre.

Alleluia.



Vangelo Gv 2,13-22Siete tempio di Dio.

Dal vangelo secondo Giovanni

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.



* * *

Omelia (p. Raniero Cantalamessa ofmcapp.)

Festa delle dedicazione della Basilica Lateranense
Ez 47,1-2.8-9.12; Sal 45; Gv 2,13-22
Questa è la casa di Dio!
Oggi si celebra la festa della dedicazione della chiesa-madre di Roma, la basilica Lateranense, dedicata inizialmente al Salvatore e in seguito a san Giovanni Battista. Che cosa rappresenta per la liturgia e per la spiritualità cristiana la dedicazione di una chiesa e l’esistenza stessa della chiesa, intesa come luogo di culto? Dobbiamo partire da queste parole del Vangelo: “È venuto il momento, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché il Padre cerca tali adoratori”.
Gesù insegna che il tempio di Dio è, primariamente, il cuore dell’uomo che ha accolto la sua parola. Parlando di sé e del Padre dice: “Noi verremo in lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23) e Paolo scrive ai cristiani: “Non sapete che voi siete il tempio di Dio?” (1 Cor 3, 16). Tempio nuovo di Dio è, dunque, il credente. Ma luogo della presenza di Dio e di Cristo è anche là, “dove due o più sono riuniti nel suo nome” (Mt 18, 20). Il concilio Vaticano II arriva a chiamare la famiglia cristiana una “chiesa domestica” (LG, 11), cioè un piccolo tempio di Dio, proprio perché, grazie al sacramento del matrimonio, essa è, per eccellenza, il luogo in cui “due o più” sono riuniti nel suo nome.
A che titolo, allora, noi cristiani diamo tanta importanza alla chiesa, se ognuno di noi può adorare il Padre in spirito e verità nel proprio cuore, o nella sua casa? Perché questo obbligo di recarci in chiesa ogni domenica? La risposta è che Gesù Cristo non ci salva separatamente gli uni dagli altri; egli è venuto a formarsi un popolo, una comunità di persone, in comunione con lui e tra di loro.
Quello che è la casa, una abitazione propria, per una famiglia, è la chiesa per la famiglia di Dio. Non c’è famiglia, senza una casa. Uno dei film del neorealismo italiano che ancora ricordo è “Il tetto” scritto da Cesare Zavattini e diretto da Vittorio De Sica. Due giovani, poveri e innamorati, si sposano, ma non hanno una casa propria. Alla periferia della Roma del dopoguerra escogitano un sistema per farsene una, lottando contro il tempo e contro la legge (se la costruzione non è arrivata al tetto prima di sera verrà demolita). Quando alla fine completato il tetto, sono sicuri di avere una casa e una intimità propria, si abbracciano felici; sono una famiglia.
Ho visto questa storia ripetersi in tanti quartieri di città, paesi e villaggi che non avevano una chiesa propria e hanno dovuto costruirsene una loro. La solidarietà, l’entusiasmo, la gioia di lavorare insieme con il prete per dare alla comunità un luogo di culto e di incontro sono storie ognuna delle quali meriterebbe un film come quello di De Sica…
Dobbiamo però evocare anche un fenomeno doloroso: l’abbandono in massa della frequenza alla chiesa e quindi della Messa domenicale. Le statistiche sulla pratica religiosa sono da pianto. Non è detto che chi non va in chiesa abbia sempre perso la fede; no, solo che si sostituisce alla religione istituita da Cristo la cosiddetta religione del “fai da te”, in America dicono del “pick and choose”, prendi e scegli. Come si fa al supermercato. Fuori metafora, ognuno si fa una sua idea di Dio, della preghiera e si sente tranquillo con essa.
Si dimentica, in questo modo, che Dio si è rivelato in Cristo, che Cristo ha predicato un vangelo, ha fondato una ekklesia, cioè una assemblea di chiamati, ha istituito dei sacramenti, come segni e tramiti della sua presenza e della salvezza. Ignorare tutto questo per coltivare una propria immagine di Dio espone al soggettivismo più totale. Non ci si confronta più con nessun altro se non con se stessi. In questo caso, sì, che si verifica quello che diceva il filosofo Feuerbach: Dio si riduce alla proiezione dei propri bisogni e desideri; non è più Dio che crea l’uomo a sua immagine, ma l’uomo che si crea un dio a sua immagine. Ma è un Dio che non salva!
Certo una religiosità fatta solo di pratiche esteriori non serve a nulla; Gesù combatte contro di essa lungo tutto il vangelo. Però non c’è contrasto tra la religione dei segni e dei sacramenti e quella intima, personale; tra il rito e lo spirito. I grandi geni religiosi (pensiamo ad Agostino, Pascal, Kierkegaard, il nostro Manzoni) erano uomini di una interiorità profonda e personalissima e nello stesso tempo erano inseriti in una comunità, frequentavano la loro chiesa, erano “praticanti”.
Nelle Confessioni (VIII,2) S. Agostino narra come avvenne la conversione dal paganesimo del grande retore e filosofo romano Vittorino. Convinto ormai della verità del cristianesimo, diceva al sacerdote Simpliciano: “Sappi che io ormai sono cristiano”. Simpliciano gli rispondeva: “Non ci credo finché non ti vedo nella chiesa di Cristo”. Lui di rimando: “Sono dunque le pareti che ci fanno cristiani?” La cosa andò avanti per un po’ tra queste schermaglie. Ma un giorno Vittorino lesse nel vangelo la parola di Cristo: “Chi si vergognerà di me in questa generazione anch’io mi vergognerò di lui davanti al Padre mio”. Capì che era il rispetto umano, la paura di cosa avrebbero detto i suoi dotti colleghi, a trattenerlo dall’andare in chiesa: si recò da Simpliciano e gli disse: “Andiamo in chiesa, voglio farmi cristiano”. Credo che questa storia ha qualcosa da dire anche oggi a più d’una persona di cultura.